Dalle chitarre alle bottiglie: nasce una linea di vini targata Fender

fender viniDalle chitarre alle bottiglie, dalle orecchie al palato. A quasi settanta anni dalla sua fondazione la Fender Musical Instruments Corporation espande il proprio orizzonte e, per la prima volta, si affaccia su un mercato che nulla ha a che vedere con quello di propria competenza e che da sempre lo contraddistingue. Dalla musica all’enologia il passo sembrerebbe essere breve. Già, perché lo storico marchio fondato nel 1946 ha da poco stipulato un accordo con la Armida Winery di Sonoma County, California, per lanciare una linea di vini decisamente rock. A breve sarà dunque possibile trovare il marchio Fender impresso non soltanto su chitarre, bassi e amplificatori ma anche sulle etichette delle bottiglie di vino.

La collaborazione con la Armida Winery è stata presentata dall’azienda costruttrice di strumenti musicali come «un’altra estensione del brand volta al lifestyle che permetta a musicisti e amatori di sperimentare la passione e la qualità che caratterizzano il marchio» e ha portato alla produzione di unafender cabernet sauvignon gamma di vini composta da quattro tipologie: Strat Cabernet SauvignonTelecaster Thinline Pinot Nero, Jazzmaster Chardonnay e Telecaster Zinfandel. Ai più attenti non sarà sfuggito che i vini, disponibili al prezzo di 25$ a bottiglia fatta eccezione per il Telecaster Zinfandel (pensato e realizzato per veri intenditori che verrà messo in vendita a 500$), riprendono i nomi delle chitarre più famose prodotte dalla Fender.

Così come per ogni altro prodotto marchiato Fender, l’azienda californiana assicura che anche per la produzione dei vini verrà ricercata la massima accuratezza, evitando così che non venga trascurato il minimo dettaglio in favore della qualità. Il connubio tra musica e vino non è mai stato tanto perfetto. Salute!

Gabriele Rossetti

Velvet Underground e Andy Warhol Foundation: accordo tra le parti

the velvet underground nicoAlla fine si è scelto di non scegliere. Si è concluso con un nulla di fatto il processo che vedeva contrapposti gli ex membri dei Velvet Underground e la Andy Warhol Foundation. Non è stata emessa alcuna sentenza dal momento che le parti hanno raggiunto un accordo di massima. Oggetto della causa, la famosissima banana disegnata dall’artista e regalata al gruppo che nel 1967 la utilizzò per la copertina dell’album di esordio: The Velvet Underground & Nico. Una delle copertine più famose della storia del rock, resa celebre proprio grazie all’inconfondibile tratto del re della Pop Art.

La causa nei confronti della Fondazione intitolata ad Andy Warhol ha inizio nel gennaio 2012 ed è intentata da Lou Reed e John Cale, storici membri della band i quali contestano all’ente – che si occupa di gestire e proteggere i lavori dell’artista – la commercializzazione dell’opera, riprodotta per la realizzazione di cover per iPhone e iPad. Nonostante il disegno di Warhol non sia protetto da copyright i due fondatori dei Velvet Underground chiedono la sospensione della diffusione e depositano una richiesta di ingiunzione presso la Corte Federale di Manhattan. Secondo Reed e Cale la banana è sinonimo di Velvet Underground e pertanto non può essere (ri)utilizzata nemmeno dalla fondazione che porta il nome dell’artista, scomparso nel 1987.

Il contenzioso tra le due parti si protrae a lungo in tribunale. La Fondazione esclude con fermezza l’accusa di violazione del copyright ritenendola inoltre infondata perché – oltretutto – la band non è più in attività da quarant’anni. Anche il giudice sembra in un primo momento accogliere questa linea difensiva fino al colpo di scena che coincide con la chiusura del caso risalente a pochi giorni fa, che vede le due parti mettersi d’accordo mediante un documento definito “confidenziale” (e chissà quanto denaro in ballo…), risparmiando così alla Corte Federale di New York la fatica di pronunciarsi per l’una o per l’altra.

Gabriele Rossetti