Francia, tassa su smartphone e tablet per finanziare la cultura

smartphone-tabletTassare l’acquisto di smartphone e tablet per finanziare la cultura. Sembra essere questa la soluzione francese verso il rilancio dei prodotti culturali. Padre dell’idea il giornalista e uomo d’affari Pierre Lescure che ha ricevuto dal governo il compito di trovare le risorse per sviluppare e sostenere la cultura nell’era del digitale. Dopo dieci mesi di duro lavoro il manager transalpino, fondatore di Canal Plus e da cinque anni direttore del Théâtre Marigny, ha stilato un rapporto contenente circa un’ottantina di proposte per ovviare il problema.

Tra queste, come riporta Le Figaro, quella che farà più discutere è senza dubbio la tassazione dei cellulari di ultima generazione e dei tablet – e con essi i principali produttori quali Apple, Samsung, Google e Amazon. Prima della sua approvazione il rapporto di Lescure dovrà però essere vagliato del Presidente della Repubblica François Hollande e dal ministro della Cultura Aurélie Filippetti i quali sono intenzionati a difendere in ogni modo l’eccezione culturale, ovvero – per dirla con le parole dell’Enciclopedia Treccani – “la deroga al principio del libero mercato, finalizzata a proteggere l’identità e le specificità di una cultura dal rischio di una progressiva convergenza verso un modello culturale unico”.

I prodotti culturali non possono essere considerati una merce come le altre; da qui l’idea di Lescure relativa alla tassazione, la cui riflessione parte dal dal fatto che i consumatori si dimostrano spesso riluttanti a spendere pochi euro per scaricare un album musicale su una piattaforma digitale mentre non esitano a spenderne molti di più per acquistare un tablet o uno smartphone. Se sono disposti a sborsare così tanto, ha pensato Pierre Lescure, non sarà per loro un problema pagare una tassa destinata a finanziare la cultura.

Tra le proposte del giornalista vi è un’altra misura che se introdotta potrebbe facilitare a rintracciare risorse e riguarda il download legale, in contrasto con il fenomeno della pirateria. La proposta prevede criteri meno repressivi rispetto a quelli attuati da Sarkozy e dalla legge Hadopi che consentiva di “staccare la spina” agli utenti che si apprestavano ad effettuare il terzo download illegale di musica, film, libri o quant’altro. Nel rapporto di Lescure non è prevista la sospensione del servizio ma solamente una multa a chi scarica illegalmente, incentivando così il download lecito dei prodotti culturali attraverso una migliore reperibilità degli stessi e una ridistribuzione del servizio.

Gabriele Rossetti

Italia ultima nella classifica europea per le spese destinate alla cultura

colosseoMentre l’Italia affonda letteralmente a causa della inefficienza di una classe politica non soltanto incapace di formare un governo ma anche di eleggere un Presidente della Repubblica, dall’Europa giungono dati statistici che fanno rabbrividire. Secondo uno studio pubblicato da Eurostat l’Italia figura infatti all’ultimo posto nella classifica degli Stati appartenenti all’Unione europea per le spese destinate alla cultura. Ebbene sì, il Paese con il più alto numero di beni artistici del mondo [fonte Unesco] spende appena l’1,1% del suo Prodotto interno lordo – ampiamente al di sotto della media europea, ferma al 2,2% – per il sostentamento del proprio patrimonio culturale. Meno di Estonia e Lettonia (rispettivamente al secondo e terzo posto della classifica) che con tutto il rispetto possono solamente immaginare cosa voglia dire possedere una così alta concentrazione di monumenti, capolavori e beni presenti in un singolo territorio.

Una tragedia ampiamente annunciata che dimostra come l’Italia non sappia sfruttare le risorse a propria disposizione. Chiunque al nostro posto riuscirebbe a trarre giovamento da un simile patrimonio artistico e culturale, rendendolo un volano per lo sviluppo turistico ed economico. Sembra invece che la Pubblica Amministrazione consideri i beni culturali quasi come un “intralcio”, nonostante l’indotto frutti ogni anno circa il 5% della ricchezza totale del Paese dando lavoro a più di 1,5 milioni di persone. Un paradosso tutto italiano al quale nessuno saprà mai dare una spiegazione. Giusto per capirne la gravità basti pensare che – come emerso dalle stime diffuse dal Sipri e dal Fondo monetario internazionale – l’Italia preferisce spendere di più (1,7%) per le armi.

spesa pubblicaIl rapporto dell’istituto europeo di statistica non si esaurisce, però, con le spese dei 27 Stati dell’Ue destinate alla cultura ma analizza anche gli investimenti effettuati da ogni singolo Paese per l’istruzione, ovvero per il futuro. Un disastro anche lì, dove con l’8,5% del proprio Pil – a fronte di una media europea del 10,9% – l’Italia si posiziona al penultimo posto della classifica, appena un gradino sopra la sempre più disastrata Grecia. Dando un’occhiata ad entrambe le classifiche c’è però un altro dato che desta perplessità e riguarda la situazione della Germania. Seppur ampiamente sopra di noi in quanto a investimenti, la quarta potenza economica mondiale, tanto decantata come modello da seguire per uscire dalla crisi economica, figura anch’essa nelle ultime posizioni a livello europeo, dando l’impressione di essere poco incline alla destinazione di denaro pubblico per cultura e scuola.

dati diffusi da Eurostat fanno riferimento al 2011 ma viene difficile ipotizzare che negli ultimi due anni l’Italia abbia saputo invertire il trend. L’unica consolazione è che peggio di così non si possa certo fare. O forse sì?

Gabriele Rossetti