#coglioneNo, campagna di sensibilizzazione per il rispetto dei lavori creativi

coglionenoIdraulico, giardiniere, antennista. Tre mestieri che resistono nel tempo e che richiedono conoscenza, sacrificio, impegno e manodopera. Come tutti i lavori, del resto. Ma vi sognereste mai di non pagare il vostro idraulico, giardiniere o antennista dopo averlo chiamato per un lavoro? La risposta è quanto mai scontata. Questo, però, purtroppo non vale per tutti. Sono infatti tante, tantissime le figure professionali per le quali il loro lavoro sembra non avere prezzo, nel senso che non viene pagato.

La piaga del lavoro gratuito ha ormai preso fortemente piede nel nostro Paese e affligge soprattutto i giovani, “costretti” ad accettare stage non retribuiti o collaborazioni occasionali gratuite in cambio di «esperienza» o «visibilità». Almeno questo è ciò che pensano i (presunti) datori di lavoro. Le categorie professionali più colpite sono quelle che si occupano dei cosiddetti lavori creativi, che diventano categorie di serie b non appena bisogna riconoscerne il valore del lavoro svolto.

E proprio per dire basta alla «svalutazione di queste professionalità» è stata lanciata una campagna di sensibilizzazione per il rispetto dei lavori creativi. L’iniziativa si chiama #coglioneNo ed è stata realizzata dal collettivo ZERO, un gruppo di creativi che si dividono tra Roma e Londra che stanno spopolando sul web con una serie di video-denuncia carichi di ironia nei quali sono coinvolti – loro malgrado – un idraulico, un giardiniere e un antennista, ai quali viene chiaramente detto che per il loro lavoro (o meglio, progetto) «non c’è budget».

«#coglioneNo – scrivono sul proprio sito i ragazzi del collettivo – è la reazione di una generazione di creativi alle mail non lette, a quelle lette e non risposte e a quelle risposte da stronzi. È la reazione alla svalutazione di queste professionalità anche per colpa di chi accetta di fornire servizi creativi in cambio di visibilità o per inseguire uno status symbol».

E ancora: «È la reazione a offerte di lavoro gratis perché ci dobbiamo fare il portfolio, perché tanto siamo giovani, perché tanto non è un lavoro, è un divertimento».

Infine i creativi di ZERO tengono a precisare che vogliono «unire le voci dei tanti che se lo sentono dire ogni volta. Vogliamo ricordare a tutti che siamo giovani, siamo freelance, siamo creativi ma siamo lavoratori, mica coglioni».

Possibile dargli torto?

Gabriele Rossetti

Vhils sceglie Torino per lasciare la sua impronta a colpi di scalpello

vhils torinoGigantografie di volti campeggiano sui muri di alcune città. Visi di persone più o meno note ritratti sulle facciate degli edifici che ad un primo sguardo potrebbero sembrare dipinte. Niente affatto, perché in realtà sono dei veri e propri bassorilievi realizzati a colpi di scalpello. Questo è il marchio di fabbrica del giovane artista portoghese Vhils, al secolo Alexandre Farto, che da qualche anno è riuscito a ritagliarsi un posto di rilievo nel sempre più affollato mondo della street art. Classe 1987, Vhils ha studiato alla University of the Arts di Londra città dalla quale ha cominciato a farsi conoscere. Il talento ha fatto il resto e dalla capitale britannica – dove nel 2008 ha scolpito un volto accanto a un’opera di Banksy – ha spiccato il volo lasciando la sua impronta in giro per il mondo: Lisbona (sua città natale), Parigi, Las Vegas, Rio De Janeiro e, da qualche giorno, Torino. Lo street artist portoghese è infatti sbarcato nel capoluogo sabaudo nell’ambito del progetto NizzArt (organizzato dall’associazione URBE) per il quale ha realizzato una gigantografia sulla facciata laterale di un condominio in Via Nizza, al civico 50.

L’opera d’arte ha richiesto due giorni di lavoro e rappresenta «Una delle tante persone qualunque incontrate e fotografate durante un viaggio in Messico». Dopo aver utilizzato una base di vernice bianca per delineare i lineamenti del viso, Vhils ha preso in mano lo scalpello tratteggiando accuratamente le ombre e le rughe del volto raffigurato. Un lavoro complesso, dispendioso e dal valore inestimabile.

“Scratching the surface”, così è denominata la tecnica utilizzata da Vhils che nel corso della sua (giovane) carriera ha saputo creare un proprio tratto distintivo che gli ha permesso di essere accostato ai più grandi street artist del mondo.

Gabriele Rossetti

Da Parigi a Torino, il viaggio nel mondo di Renoir in mostra alla GAM

renoir - la balançoireVisioni paesaggistiche, figure borghesi e popolane, ritratti di amici e bambini, decorazioni floreali, nudi femminili. Parte dell’attività artistica di uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo lascia momentaneamente Parigi e approda a Torino per dare vita ad un allestimento del tutto inedito. Il viaggio nel mondo di Pierre-Auguste Renoir fa tappa alla GAM (Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea) nell’ambito di “Torino incontra la Francia”, progetto culturale promosso dal capoluogo piemontese in collaborazione con il Musée d’Orsay. E proprio dalle collezioni del museo parigino (e dal Musée de l’Orangerie) giungono in prestito sessanta capolavori del pittore, in mostra fino al 23 febbraio. Quattro mesi per ammirare da vicino il lavoro – e la sua complessa evoluzione – dell’artista, attivo tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e il primo ventennio del Novecento.

Suddivisa in nove sezioni l’esposizione mette in evidenza l’indiscussa qualità della tecnica pittorica di Renoir e i diversi temi affrontati durante la sua vita e tramutati in arte. Definito e riconosciuto da molti esclusivamente come «pittore della spensieratezza e della gioia di vivere», Renoir fu invece un artista capace di sperimentare, confrontarsi con le novità del periodo storico e stravolgere le classiche regole della rappresentazione.

La mostra (che ha riscosso il successo del pubblico ancor prima di aprire i battenti con oltre 12 mila prenotazioni) si apre con la sezione intitolata L’età della Bohème, nella quale vengono presentati ritratti di amici e uno dei primi nudi e prosegue con Des femmes passent dans la rue, galleria di ritratti femminili tra cui spiccano “Madame Darras”, “La liseuse” e “Giovane donna con veletta”. Il pezzo forte della terza sezione, La recherche heureuse du côté moderne, è senza dubbio il meraviglioso “La balançoir”, mentre nel quarto spazio espositivo, Le métier de paysagiste, si possono ammirare dieci opere realizzate in en plein air. La visita continua le sezioni Infanzia, Le Jeunes filles au piano, Beau comme un tableau de fleurs, Le nu, forme indispensable de l’art, e si conclude con L’eredità delle Bagnanti, dove campeggia l’omonimo dipinto considerato il testamento pittorico di Renoir, donato nel 1923 dai figli allo Stato francese.

I quadri esposti alla GAM sono stati selezionati dall’ampia produzione artistica del pittore francese nella quale il cappello è un elemento ricorrente. Protagonista della moda francese della Belle Epoque, il corpicapo (soprattutto quello femminile) era una delle passioni di Renoir e rappresenta il filo conduttore del percorso espositivo.

Gabriele Rossetti

«I have a dream»: 50 anni fa lo storico discorso di Martin Luther King

martin luther king28 agosto 1963. Anche cinquant’anni fa era di mercoledì e quel giorno 250mila persone si radunarono al Lincoln Memorial di Washington per partecipare alla marcia per il lavoro e la libertà (For Jobs and Freedom). Una grande manifestazione politica a sostegno dei diritti civili ed economici per gli afroamericani, organizzata da Philip A. Randolph, sindacalista militante, e dal pacifista Bayard Rusting, omosessuale dichiarato con un passato da comunista. Sul palco intervennero sindacalisti, leader religiosi, protagonisti dei movimenti, artisti e attivisti. Tra questi anche il pastore protestante Martin Luther King, capo del Southern Christian Leadership Conference, che prese la parola per pronunciare uno dei discorsi divenuti simbolo della storia americana e, più in generale, di tutta l’umanità. Un discorso memorabile preparato in ogni minimo dettaglio per ricordare a tutta la nazione che, cento anni dopo l’Editto di emancipazione degli schiavi firmato dal presidente Abraham Lincoln, i neri d’America erano ancora considerati cittadini di serie b.

Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti alla capitale del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un “pagherò” del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo “pagherò” permetteva che tutti gli uomini, si, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità.

Davanti ad una folla incantata Martin Luther King continua a leggere ma poi decide di andare a braccio per esprimere i concetti chiave. Chissà quante volte ha preparato quel discorso, o forse non ha semplicemente bisogno di riguardare quelle parole scritte di getto a tutela della sua comunità, la comunità afroamericana. Fino al passaggio cruciale e a quell’«I have a dream», pronunciato una, due, tre, quattro, cinque, sei volte, come un mantra di speranza.

Ho un sogno. È un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali.

Ho un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.

Ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.

Ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno, oggi!

Ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. È questa la nostra speranza.

Quel sogno che cambiò il corso della storia è ancora vivo? Forse sì e la testimonianza arriva dalle migliaia di persone che in questi giorni si sono riunite a Washington, proprio al National Mall, per commemorare quella data e quelle parole, tanto forti quanto purtroppo ancora attuali, anche a cinquant’anni di distanza. «Non è il momento delle commemorazioni nostalgiche. E non è il momento delle autocelebrazioni – ha commentato il figlio maggiore di King, Martin Luther King III -. Il lavoro non è finito. Il viaggio non è completato. Possiamo e dobbiamo fare di più».

Gabriele Rossetti

Roy Lichtenstein colora Parigi: restrospettiva al Centre Pompidou

Roy Lichtenstein - Ohhh… Alright…, 1964, © Estate of Roy Lichtenstein L’estate di Parigi si preannuncia più che mai colorata grazie alle opere sensazionali di Roy Lichtenstein, uno dei massimi esponenti della Pop Art, in esposizione fino al 4 novembre prossimo presso le sale del Centre Pompidou. Dopo Chicago, Washington e Londra, la grande retrospettiva sull’artista statunitense, principalmente noto per le sue tavole che riprendono lo stile dei fumetti, sbarca dunque nella capitale francese per fornire ai visitatori una panoramica completa sul lavoro che ha consacrato Lichtenstein nell’olimpo dell’arte mondiale. Dalle opere più note a quelle rimaste all’oscuro del grande pubblico, la mostra ripercorre la carriera dell’artista newyorkese esponendo circa un centinaio di capolavori: i fumetti dei primi anni ’60, certo, ma anche sculture, ceramiche, quadri e stampe.

«Cercare una nuova prospettiva su questa figura emblematica della Pop Art americana, andando “oltre il Pop” per rivalutare Lichtenstein come uno dei primi pittori postmoderni». A detta degli organizzatori l’esposizione parigina è principalmente basata su questo auspicio, vale a dire cercare di far emergere a tutti gli effetti la vena creativa ed eclettica di Lichtenstein che, nel corso della carriera, si è confrontato anche con i generi più tradizionali della pittura (ad esempio, nudi, paesaggi e nature morte).

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L’esposizione del Centre Pompidou attraversa in maniera cronologica le diverse fasi della vita dell’artista. Organizzata in collaborazione con l’Art Institute di Chicago e la Tate di Londra la mostra è curata da Camille Morineau che di Lichtenstein ha detto: «Ciò che rende la forza della sua arte, è anche la distanza divertita e critica che, senza diventare cinico, ha tenuto tra se stesso e l’arte, dagli inizi fino alla fine della sua vita…». Nato a New York nel 1923, Roy Lichtenstein non amava particolarmente la celebrità e le luci della ribalta. Preferiva di gran lunga esprimersi attraverso la sua arte – sempre al passo con i tempi – che ha generato icone mai banali, ricche di significato e humor. Oltre che coloratissime.

Gabriele Rossetti

Clausola anti-sesso nel contratto dell’allenatore di Maria Saharapova

maria sharapovaRussa, 26 anni, Maria Sharapova non è solo una delle tenniste più forti a livello mondiale (attualmente la numero due del ranking) ma anche una delle più affascinanti dell’intero circuito WTA. Una bellezza indiscussa che potrebbe indurre in tentazione chi le sta accanto. Soprattutto la maggior parte degli uomini ma non certo il suo nuovo allenatore Dieter Kindlmann che pur di lavorare a stretto contatto con l’atleta donna più pagata al mondo ha sottoscritto una clausola specifica – alquanto curiosa – nel suo contratto. Stando a quanto riporta il quotidiano tedesco Bild tale clausola prevede in fatti la totale astinenza da rapporti sessuali nel periodo di allenamenti. Per fare da sparring partner alla avvenente Maria, Kindlmann sarà dunque costretto a rinunciare al sesso.

Nel contratto non viene però specificato se l’allenatore tedesco debba guardarsi dall’avere rapporti solo con la Sharapova o se debba osservare un periodo di completa castità anche se quest’ultima è l’ipotesi più probabile per evitare distrazioni nel periodo di lavoro. Ex tennista professionista con alle spalle una carriera tutt’altro che entusiasmante, Kildmann è stato ingaggiato da pochi mesi e seguirà la preparazione della campionessa russa in vista di due dei tornei più importanti della stagione (Roland Garros e Wimbledon) che li porterà a trascorrere molto tempo insieme.

Questo potrebbe scatenare i pettegolezzi e le invidie di molti ma è lo stesso allenatore a spegnere sul nascere ogni possibile polemica ammettendo di non aver avuto alcun problema nel firmare il contratto anche perché Maria è fidanzata con Grigor Dimitrov, giovane e talentuoso tennista bulgaro, e aggiungendo che fino ad adesso la sua presenza non ha mai causato scontri di gelosia tra i due. Allenare una tennista bella, ricca e famosa ma sempre alla costante ricerca del successo (in termini sportivi) non dev’essere facile per Kildmann che svela alla Bild un lato segreto della campionessa: «Ovunque si trovi, tutti gli occhi sono per lei. Il mio non è un lavoro semplice, ma Maria è tutto tranne che una diva. Da fuori sembra inavvicinabile, ma non è così; prova a proteggersi dal mondo esterno, ma con i suoi collaboratori è estremamente disponibile».

In attesa di vedere sul campo i frutti del lavoro è certo che tra i due l’unica intesa che possa nascere sarà quella professionale. Tutto il resto comporterebbe una violazione del contratto.

Gabriele Rossetti

Spesa gratis in cambio di lavoro: il supermercato socialmente utile

emporio portobelloPer combattere la crisi a volte può essere utile avere delle buone idee. Quando queste sono anche egregie ecco che la soddisfazione risulta essere doppia. È il caso del Centro Servizi per il Volontariato di Modena che di fronte al fenomeno purtroppo sempre più dilagante dei nuovi poveri ha deciso di fare qualcosa di concreto. In che modo? Offrendo un servizio che vada incontro alle famiglie alle prese con difficoltà economiche insormontabili. Il progetto denominato Emporio Portobello – che prenderà il via nel mese di maggio – altro non è che un supermercato il cui principio fondamentale è basato sullo scambio.

Le famiglie maggiormente in difficoltà o i disoccupati avranno infatti la possibilità di fare la spesa in maniera del tutto gratuita, purché prestino in cambio il proprio contributo collaborando con i servizi sociali presso i locali della struttura, almeno una volta alla settimana. Uno scambio equo e solidale a tutti gli effetti che sarà rivolto a circa 450 nuclei familiari più bisognosi, selezionati in base al quoziente Isee. A queste famiglie verranno consegnate una tessera e dei bollini che consentiranno di fare la spesa gratis nell’arco di un anno.

Non si tratta di fare carità, tengono a precisare gli organizzatori dell’iniziativa, ma semplicemente di dare una risposta concreta ai reali problemi delle persone cercando di creare un luogo rispettoso per la loro dignità. «Crediamo molto in questo progetto – ha spiegato il presidente del Centro, Angelo Morselli, al Fatto Quotidiano – e vogliamo si mantenga la dimensione dell’acquisto, nessuno regala niente, ma coinvolgiamo le persone in un progetto specifico. Noi vogliamo stringere un patto con gli utenti che accoglieremo nei nostri locali. Ci sono delle condizioni e sarà fondamentale per tutte le parti rispettarle». Condizioni imprescindibili, alle quali è impossibile sottrarsi, che avranno il solo obiettivo di cambiare lo stile del consumo.

La realizzazione del progetto è stata possibile grazie al lavoro di alcune associazioni di volontariato operanti sul territorio modenese, ma attraverso il sito internet dell’iniziativa chiunque può contribuire mediante una donazione in denaro oppure offrendo direttamente prodotti d’acquisto. Il contributo della comunità e degli utenti a cui è rivolta l’iniziativa diviene dunque fondamentale, senza il quale il progetto stesso sarebbe destinato ad avere breve durata. «Purtroppo il nuove welfare dovrà passare per forza dal volontariato. Se mancano i fondi – continua Morselli – e gli aiuti a livello statale, bisogna che siano i cittadini a rimboccarsi le maniche». È presumibile ipotizzare che il progetto riscuoterà il successo che merita, mentre l’auspicio è che l’esempio di un’iniziativa tanto lodevole venga seguito da altre realtà sparse per l’Italia.

Gabriele Rossetti

Torino capitale delle innovazioni: prima per numero di startup

startupTrovare un lavoro è diventato sempre più difficile – per non dire impossibile – ma anche la maggior parte di quelli che un’occupazione ce l’hanno, negli ultimi tempi non possono ritenersi tranquilli per colpa di una situazione divenuta sempre più precaria. Nasce soprattutto da qui l’idea di provare a lanciare sul mercato delle startupovvero l’avvio di imprese innovative che ruotano attorno ad un progetto interessante che sia in grado di sfruttare la potenza della tecnologia investendo prevalentemente in ricerca e sviluppo. Un nuovo modello di fare business che sta prendendo sempre più piede in Italia diffondendosi principalmente tra i giovani, rassegnati o del tutto scoraggiati dalla vana ricerca di un posto fisso e decisi a “mettersi in proprio” per provare a farcela da soli. Alla base di tutto, del provare a diventare imprenditori di se stessi, deve esserci un progetto pensato e curato in maniera egregia che sappia attirare gli investitori attraverso i quali semplici idee innovative possano trasformarsi in aziende ad alto valore tecnologico.

I dati diffusi dal registro imprese delle Camere di commercio sulle startup in Italia segnalano la presenza di 307 società innovative, costituite soprattutto nelle città del Nord. La palma di città più “innovativa” del nostro Paese va a Torino, seguita da Padova, Trento, Milano e Roma. Numeri che mettono in risalto – come spiega Il Sole 24 Ore – un evidente «gap di democrazia imprenditoriale all’avvio della rivoluzione industriale 2.0» tra le regioni del Nord e quelle del Sud Italia.

E se Torino guida la classifica italiana non è certo un caso che proprio il capoluogo piemontese lo scorso weekend abbia ospitato (per il terzo anno consecutivo) l’edizione italiana di Startup Weekend, evento dedicato allo sviluppo tecnico e di business di applicazioni digitali che si svolge contemporaneamente in oltre 100 Stati del mondo. Il concorso si è svolto presso le aule di I3P, l’incubatore d’impresa del Politecnico di Torino: un tour de force durato 54 ore che ha visto la partecipazione di giovani imprenditori i quali hanno presentato i loro progetti a una platea di (possibili) finanziatori.

Dal momento della loro approvazione e successiva commercializzazione sul mercato le nuove startup vengono iscritte nel registro dedicato alle imprese innovative del Decreto Crescita 2.0 che prevede sgravi e agevolazioni fiscali. Decisamente una buona base di partenza e una spinta in più verso una forma di imprenditorialità tutta nuova, riservata alla creatività.

Gabriele Rossetti

A.A.A. cercasi bassista: l’insolita offerta di lavoro di J-Ax sul web

J-AxNel giorno in cui l’Istat registra un nuovo record di disoccupati in Italia, 3 milioni come mai era accaduto dal 1992, sul web spunta un’offerta di lavoro alquanto insolita. Chi è costantemente impegnato nella ricerca di impiego sa bene che i canali per mettersi in contatto con le aziende sono ormai molteplici. Se le opportunità sono aumentate gran parte del merito lo si deve soprattutto ai social network e proprio dal principale di questi, Facebook, il rapper milanese J-Ax (al secolo Alessandro Aleotti) ha lanciato una proposta allettante che ha mandato in visibilio i fan.

Attraverso la sua pagina ufficiale di Facebook, l’ex leader degli Articolo 31 ha pubblicato un video dal titolo inequivocabile: cercasi  bassista. Ebbene sì, J-Ax e la sua band sfruttano il web per offrire un posto di lavoro e sono alla ricerca di un nuovo componente da unire all’Accademia delle teste dure per gli spettacoli dal vivo.

«Stiamo vivendo un momento molto difficile nel nostro Paese. Vogliamo mettere in atto un piccolo provvedimento per dare lavoro. Non possiamo creare un milione di posti di lavoro, ma ne creiamo uno» dice il cantante nel video, sottolineando serietà e ufficialità dell’iniziativa. Per fare colpo su Ax e la band è necessario caricare un video, una sorta di curriculum virtuale nel quale mostrare tutto il proprio talento alle prese con lo strumento a 4 corde.

L’annuncio ha riscosso grande successo e nel giro di poche ore il post di J-Ax è stato commentato, condiviso e inondato di link dei fan disposti a tutto pur di poter suonare al fianco del rapper che selezionerà i migliori e, attraverso le audizioni, dichiarerà il vincitore. O meglio, l’assunto.

Gabriele Rossetti