Raccontare attraverso le immagini la forza di trasformazione di ventisei artisti che hanno scritto la storia della musica nella seconda metà del Novecento. Musicisti rivoluzionari che grazie alla loro personalità e al loro carisma hanno saputo conquistare palcoscenici e opinione pubblica cambiando il panorama musicale e non solo. A loro è dedicata la mostra “Transformers. Ritratti di musicisti rivoluzionari” che ha aperto i battenti sabato 28 settembre presso i Cantieri OGR (Officine Grandi Riparazioni) di Torino. Non una semplice mostra, quella organizzata dalla Società Consortile OGR-CRT e curata dal cronista musicale Alberto Campo, ma un vero e proprio “viaggio emotivo” all’interno della storia della musica. L’esposizione è ovviamente incentrata sul tema della trasformazione e non a caso è stata scelta come sede un luogo di trasformazione per antonomasia come i Cantieri OGR, simbolo della Torino postindustriale, oggi centro di sperimentazione e produzione delle discipline contemporanee ma un tempo fabbrica nella quale venivano costruiti e riparati i treni.
Il percorso espositivo è composto da settantotto fotografie (concesse da Getty Images) che ritraggono la vita pubblica e privata di ventisei artisti unici: da Elvis Presley a David Bowie, da Jimi Hendrix ai Doors, da Madonna a Bob Dylan, dai Radiohead ai Daft Punk. Il viaggio della mostra parte dagli anni Cinquanta, con l’avvento della “società di massa”, lasciando che siano le fotografie e le icone immortalate a raccontare il preciso momento storico nel quale si sono affermate. Dagli albori della pop music si passa alla canzone di protesta, alla British Invasion, al riscatto afroamericano e all’epopea degli hippies, senza tralasciare il rock teatrale, il punk, la world music, la rivoluzione elettronica, l’hip hop, la stagione della videomusica, il grunge e la techno, sino ad arrivare ai giorni nostri con la forte influenza del web e delle tecnologie digitali.
Le fotografie principali della mostra ritraggono gli artisti durante gli eventi live ed ogni immagine è corredata da una didascalia e da un apparato fotografico complementare che punta a svelare una dimensione confidenziale del personaggio. L’intento del curatore Alberto Campo è infatti di mostrare gli artisti «sotto due luci differenti»: quella pubblica, ovvero sul palco, nel bel mezzo di una performance, e quella privata, più intima, atta a svelare il lato umano e familiare di ogni protagonista rappresentato.
Gabriele Rossetti
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