
Che rapporto c’è tra il cinema di Quentin Tarantino e la morte? Non bisogna essere per forza appassionati del regista statunitense, fresco vincitore del secondo premio Oscar in carriera per la migliore sceneggiatura originale di Django Unchained (a diciotto anni di distanza dalla prima statuetta, vinta, sempre nella stessa categoria, per Pulp Fiction), o dei suoi lavori per rendersi conto di quanto l’uccisione giochi un ruolo fondamentale all’interno dei suoi film. Re del genere splatter, non esiste pellicola nella quale Tarantino non proponga allo spettatore l’uccisione di almeno uno dei suoi personaggi.
Già, ma quanti attori ha fatto “morire” il buon Quentin nei suoi film? A fornire la risposta ci ha pensato l’edizione americana di Vanity Fair che non solo ha contato una per una le vittime delle otto pellicole scritte e prodotte da Tarantino, ma ne ha anche realizzato una infografica davvero interessante grazie alla quale è possibile riepilogare, film per film, tutte le morti e ciò da cui sono state causate. Ebbene la crudeltà del cineasta del Tennessee è costata la vita addirittura a 560 attori, le cui uccisioni sono avvenute nei modi più disparati; dai “banali” – a livello cinematografico, si intende – colpi di pistola a quelli di accetta e katana, senza tralasciare esplosioni, incendi (memorabile il finale di Inglourious Basterds), strangolamenti e scalpi. Nel dettaglio dell’infografica sono riportate tutte le tecniche e le modalità che hanno portato alla morte i personaggi tarantiniani.

L’analisi, suddivisa per pellicole in rigoroso ordine cronologico, mette in risalto le tecniche di uccisione preferite da Tarantino e lasciano spazio a curiosità e perplessità. Eccezion fatta per il povero Maynard in Pulp Fiction, trafitto da Butch (personaggio interpretato da Bruce Willis) con una katana, la morte nei primi tre film di Tarantino avviene solamente a seguito di conflitti a fuoco. Il fortunato esordio del regista nel mondo del cinema coincide con le undici vittime in Reservoir Dogs – Le Iene, al quale seguono i sette morti in Pulp Fiction e i quattro decessi in Jackie Brown.
Numeri destinati a crescere – in maniera esponenziale – nei seguenti capolavori di Tarantino, a cominciare dal volume I di Kill Bill nel quale, per mano della spietata Beatrix Kiddo (Uma Thurman) muoiono complessivamente 62 personaggi. Come non ricordare la mattanza presso la Casa delle Foglie Blu dove viene sterminato l’esercito di O-Ren, gli 88 folli. Solamente tredici le morti nel secondo volume di Kill Bill, tra cui spicca la fine più attesa e vendicativa: quella di Bill, avvenuta mediante la tecnica dell‘esplosione del cuore con cinque colpi delle dita, metodo insegnato a Beatrix da Pai Mei. Lo spettatore più attento ricorda che nel film viene narrata anche la morte del grande maestro di arti marziali (ucciso dalla rivale di Beatrix, Elle Driver), avvenuta per avvelenamento delle teste di pesce, la zuppa preferita dal maestro. Un episodio, questo, che evidentemente deve essere sfuggito agli autori dell’infografica di Vanity Fair.
Dall’enorme successo di Kill Bill, considerata da Tarantino un’opera unica, seppur divisa in due parti, si passa al flop (di botteghini e critica) di Grindhouse – Death Proof. La morte è già citata nel titolo del film ma la curiosità più evidente è che il primo road movie del regista è anche l’unico nel quale nemmeno una delle sei vittime viene uccisa con colpi di pistola. Nella prima parte del film l’auto di Stuntman Mike (Kurt Russell) causa terribili incidenti stradali che portano alla morte di cinque ragazze. La misoginia del protagonista verrà però vendicata da altre quattro donne che nella seconda parte del film costringono Mike ad arrendersi, prima di finirlo al termine di un duello corpo a corpo.
Le sei vittime di Grindhouse sono nulla in confronto allo sterminio di nazisti portato sul grande schermo da Tarantino con Inglourious Basterds, pellicola nella quale il regista dà sfogo a tutta la propria perversione, uccidendo 396 persone. La vendetta ebrea è inscenata non soltanto dagli uomini del tenente Aldo Reine (Brad Pitt) – i cosiddetti “Bastardi” -, ma anche dalla giovane Shosanna (Melanie Laurent) che rinchiude le più alte cariche naziste nel suo cinema, non prima di aver progettato un piano a dir poco diabolico.
Il bilancio delle uccisioni nei film di Tarantino si chiude, per il momento, con le sessantaquattro vittime in Django Unchained, ultima fatica cinematografica del regista che ha voluto rendere omaggio allo Spaghetti western, genere che prevede sparatorie in quantità e violente esplosioni. Una di queste è fatale allo stesso Tarantino il quale, dopo un conflitto a fuoco con la polizia ne Le Iene, torna a lasciarsi morire in un suo film, rafforzando l’ipotesi che prevede la morte come elemento intrinseco e imprescindibile nello svolgimento di ogni sua storia.
Gabriele Rossetti
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