Dresda, inaugurato il nuovo ponte che fa perdere alla città lo status di patrimonio dell’UNESCO

walschlössenbrücke dresdaQuel ponte non s’ha da fare. O forse sì. Sono passati quattro anni dal giorno dell’approvazione del progetto sino alla inaugurazione di un’opera controversa che la città di Dresda ha pagato a caro, carissimo prezzo con l’esclusione dalla lista dei patrimoni dell’umanità. Troppo forte la necessità di decongestionare il traffico verso il centro e così, con la costruzione di un attraversamento sul fiume Elba alle porte della città, la capitale della Sassonia ha preferito – per non dire dovuto – rinunciare allo status assegnatole dall’UNESCO nel 2004 e di conseguenza ad un un finanziamento di circa un centinaio di milioni di euro l’anno destinato dal governo tedesco ad ogni sito considerato patrimonio dell’umanità.

L’area su cui è stato realizzato il Waldschlösschenbrücke, situata a circa 200 km a sud di Berlino, non lontano dal confine con la Repubblica Ceca, è considerata una delle più belle della Germania e si estende per circa venti chilometri sulle rive del fiume, comprendendo anche la città ed il favoloso centro storico in stile barocco, ricostruito e conservato con cura dopo i bombardamenti degli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale nel 1945.

Il nuovo ponte a quattro corsie costruito sull’Elba è costato 182 milioni di euro ed è stato inaugurato con una passeggiata pubblica alla quale hanno preso parte numerosi cittadini e turisti che presto lasceranno spazio al traffico veicolare. Il centro città dista 1,6 chilometri, troppo pochi secondo l’UNESCO che sin dal 2009 ha osteggiato il progetto inserendo la “Firenze del Nord” nella lista rossa dei patrimoni dell’umanità in pericolo, salvo poi rimuoverla definitivamente dalla lista World Heritage. È la prima volta che l’ente dell’ONU prende una simile decisione in Europa, mentre già era accaduto con lo stato dell’Oman che aveva ridotto del 90% una riserva naturale popolata da antilopi.

Nel corso degli anni la realizzazione del Waldschlösschenbrücke è divenuta oggetto di manifestazioni, azioni legali e dure prese di posizione da parte degli ambientalisti anche se, attraverso un referendum popolare, il 68 per cento degli abitanti si era dichiarato favorevole.

Gabriele Rossetti

“La Notte dei Musei”, torna in tutta Italia l’iniziativa culturale gratuita

notte dei musei 2013Sabato 18 maggio 2013. Una data importante per gli appassionati di cultura, una di quelle da cerchiare sul calendario. In tutta Italia torna infatti “La Notte dei Musei“, iniziativa di respiro europeo organizzata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali che per una notte apre al pubblico, in via del tutto eccezionale e gratuita, le porte di innumerevoli musei (statali, civici e privati) ed aree archeologiche. L’evento nato in Francia non poteva che prendere piede anche nel Bel Paese dove, dal Piemonte alla Sicilia e dalla Sardegna alla Toscana, dalle 20.00 alle 24.00 sarà possibile visitare musei, palazzi, gallerie, biblioteche ed edifici pubblici ammirando le bellezze del patrimonio artistico italiano.

Tantissime le città coinvolte e con esse i luoghi d’arte più prestigiosi, alcuni dei quali hanno anche arricchito la propria proposta culturale organizzando – per l’occasione – concerti, mostre tematiche, degustazioni e percorsi guidati. Come detto la manifestazione nasce in Francia e coinvolge contemporaneamente circa 30 paesi europei. L’Italia vi partecipa dal 2005 e si appresta a vivere la sua quinta edizione dopo un anno di sospensione forzata a causa dell’attentato avvenuto lo scorso maggio nell’istituto professione “Morvillo-Falcone” di Brindisi.

Sul sito del MiBAC è possibile consultare il ricchissimo programma suddiviso per regione e scoprire le iniziative che ogni singola città ha in serbo per i propri visitatori. Con “La Notte dei Musei” non si vuole solamente coinvolgere un pubblico ampio in un orario decisamente insolito, ma anche offrire una diversa fruizione dell’arte a chi – per vari motivi – è spesso distante dalla cultura. La manifestazione è soprattutto rivolta ai più giovani, affinché si avvicinino sempre più a una delle poche risorse rimaste in Italia.

Gabriele Rossetti

Il Milan e l’inguaribile sindrome da remuntada… al contrario

asLa remuntada tanto temuta e puntualmente subita dal Milan in un Camp Nou stracolmo di tifosi blaugrana ed entusiasmo (ri)porta alla luce una delle peggiori lacune tecniche e psicologiche della squadra rossonera, ovvero l’incapacità di gestire sostanziosi vantaggi in campo europeo. La sonora sconfitta (4-0) contro il Barcellona, preso per mano da uno straordinario Lionel Messi, è infatti solo l’ultimo di una serie di episodi che hanno segnato in maniera negativa la gloriosa storia del Milan nelle competizioni europee. Ferite che i tifosi rossoneri vorrebbero dimenticare ma che si riaprono ogni qual volta la loro squadra si scioglie al cospetto di formazioni in grado di aggredirle e ribaltare risultati tutt’altro che scontati, ma pur sempre difficili da agguantare. Vere e proprie imprese al contrario che hanno contribuito ad intaccare la condizione di un Milan malato, a cui evidentemente non è ancora stata trovata una cura adeguata.

I primi sintomi a livello europeo risalgono al 19 marzo 1996, giorno del ritorno dei quarti di finale della Coppa Uefa che fu. Il Milan scende in campo a Bordeaux, forte del 2-0 maturato nella partita di andata ma cade inspiegabilmente sotto i colpi di Tholot e Dugarry (doppietta) e le giocate d’autore di un ancora semisconosciuto Zinedine Zidane. Era il Milan allenato da Capello che in rosa poteva contare su nomi prestigiosi quali – tra gli altri – Baresi, Maldini, Roberto Baggio e Weah. È l’inizio della sindrome da rimonta al contrario o remuntada (per dirla alla catalana), se preferite.

Sindrome che prosegue e torna a manifestarsi per la prima volta anche in Champions League, nell’aprile del 2004. Il Milan di Ancelotti, campione in carica della massima competizione europea, vola a La Coruña per il ritorno dei quarti di finale. In virtù del 4-1 ottenuto all’andata a San Siro, la partita contro il Deportivo padrone di casa dovrebbe essere una formalità per i ragazzi di Ancelotti, invece succede l’irreparabile. Gli spagnoli giocano una partita perfetta e vincono 4-0, estromettendo a sorpresa la squadra data ampiamente come favorita. La mente di dirigenti, giocatori e tifosi rossoneri torna inequivocabilmente alla maledetta serata di Bordeaux, ma ancora non sanno quali altri malanni incombono.

Al peggio però non c’è mai fine e solamente un anno più tardi il Milan torna a fare i conti con i fantasmi del passato. Questa volta in una partita secca, da dentro o fuori. Questa volta nella partita che vale una carriera, una stagione e un posto di diritto negli almanacchi: la finale di Champions League. Nella storia il Milan ci finisce ugualmente, per colpa di un secondo tempo scellerato durante il quale Shevchenko e compagni sprecano incredibilmente tre (!) gol di vantaggio facendosi rimontare dal Liverpool. In soli sei minuti della ripresa gli inglesi rispondono colpo su colpo al gol di capitan Maldini e alla doppietta di Crespo, portando il match prima ai tempi supplementari e poi ai calci di rigore. Il Milan è fisicamente stanco e mentalmente svuotato e la sconfitta dagli undici metri è la conseguenza più logica seppur drammatica.

La fatale notte di Instanbul è stata per anni analizzata in ogni dettaglio e sotto ogni punto di vista psicologico ma, come detto, non sembra esserci antidoto adeguato per curare il male che affligge il Milan e che lo porta ciclicamente a subire batoste umilianti. L’ultima, in ordine cronologico, quella contro un Barcellona frettolosamente bollato come in crisi e dato per spacciato anche dai sempre attenti bookmakers inglesi. Mai vendere la pelle dell’orso prima di averlo ammazzato, recita l’adagio. Forse a Milanello dovrebbero inciderlo sui muri dello spogliatoio.

Gabriele Rossetti