Keith Haring in mostra a Parigi: la “linea politica” di un visionario

-Può piacere o meno, di certo il lavoro di Keith Haring non può proprio passare inosservato. Un artista immenso, un autentico visionario che a ventitré anni dalla sua scomparsa è ancora apprezzato in tutto il mondo. E proprio in questi giorni viene celebrato a Parigi con una retrospettiva curata in ogni minimo dettaglio che mette in evidenza la natura politica e sociale espressa nel lavoro dell’artista americano. “The political line” è il titolo della mostra, in esposizione dal 19 aprile al 18 agosto 2013 nella cornice di due location distinte della capitale francese: il Museo d’arte moderna e il Centro culturale internazionale “CentQuatre”. Due ampi spazi nei quali verranno ospitate circa 250 opere di uno degli esponenti più attivi e singolari della pop art e della street art.

Dipinti, sculture, t-shirt, disegni e graffiti che riempivano gli spazi della metropolitana newyorkese; questo e molto altro attende i visitatori della mostra che, come detto, è incentrata sulla linea politica di Haring il quale attraverso la sua arte ha provato – ed in parte è anche riuscito – ad influenzare l’opinione pubblica. I suoi capolavori fanno parte della storia dell’arte moderna così come le sue battaglie contro razzismo, omofobia, emancipazione, droga e AIDS (che gli costò la vita), lo hanno reso una vera e propria icona nella difesa dei diritti umani.

La mostra ripercorre le tappe del lavoro artistico di Haring e raccoglie tanto le prime opere in bianco e nero quanto quelle dai colori più vivaci, divenute un culto negli anni Ottanta e ampiamente riconoscibili anche da occhi poco esperti. Nonostante la prematura scomparsa, in poco più di dieci anni di attività Keith Haring ha saputo dare un segno indelebile ai suoi lavori. Uno stile unico e inimitabile che gli ha consentito di entrare – di diritto – nel novero dei grandi artisti del XX secolo.

Gabriele Rossetti

 

“Da Sodoma a Hollywood”: al via il 28° Torino GLBT Film Festival

torino glbt film festivalCortometraggi, lungometraggi e documentari: 120 pellicole in rappresentanza di 34 nazioni, la maggior parte delle quali incentrate sul tema del corpo e sulla difficoltà di amarsi e costruire relazioni gay. Sulla base di questi contenuti prende il via la ventottesima edizione del Torino GLBT Film Festival, la rassegna cinematografica più longeva d’Europa che dal 1986 dà spazio alle tematiche di gay, lesbiche, bisessuali e trasgender. Come ogni anno la volontà degli organizzatori è di proporre al pubblico film di grande attualità che difficilmente troverebbero spazio altrove, col serio rischio di rimanere “invisibili“. In programma dal 19 al 25 aprile presso il Cinema Massimo di Torino, la rassegna è suddivisa in tre sezioni ognuna delle quali sottoposta al giudizio di una giuria internazionale. Per ogni categoria in concorso (cortometraggi, lungometraggi e documentari) è inoltre previsto un Premio assegnato direttamente dal pubblico.

Il Festival diretto da Giovanni Minerba e organizzato in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema propone sia opere drammatiche sia commedie e, come ogni rassegna dedicata alla settima arte che si rispetti, prevede in cartellone anche la proiezione di film fuori concorso. Ad aprire la rassegna “Any Day Now” di Travis Fine, film ambientato alla fine degli anni ’70 e tratto da una storia vera che racconta la vita di una drag queen di Los Angeles che, insieme al suo partner, cerca di ottenere la custodia di un ragazzo down quattordicenne. Il compito di chiudere il Festival è invece affidato ad una commedia brillante di Gary Entin, “Geography Club“,  che esplora il mondo degli adolescenti di oggi, dalla conquista di sé al coming out e dal bullismo all’omofobia. E proprio il tema del bullismo sarà nuovamente protagonista del Festival il 20 aprile, quando nel mondo si celebrerà la Giornata del silenzio. Un modo simbolico per affrontare una problematica sempre più frequente nella nostra società.

Per il quarto anno consecutivo verrà inoltre assegnato il Premio “Dorian Gray”, attribuito ad una personalità appartenente al mondo del cinema, dello spettacolo o della cultura che si sia distinta e abbia dato il suo contributo alla causa per i diritti delle persone GLBT. Dopo James Ivory, Lindsay Kemp e Luciana Littizzetto, il riconoscimento andrà all’attrice e cantante tedesca Ingrid Caven, nota per essere stata musa e moglie di Rainer Werner Fassbinder.

L’edizione 2013 del Torino GLBT Film Festival avrà una sezione dedicata ai giovani e una al vintage ed introdurrà uno strumento innovativo che consentirà di andare a scovare le opere del passato che hanno partecipato alle ultime cinque edizioni. Circa 3000 pellicole sono state infatti catalogate e sono disponibili in un grande archivio online denominato GLBT Movie Database, attraverso il quale è possibile visionare le schede dei film e delle persone che hanno preso parte al Festival.

Gabriele Rossetti

#8marzodellebambine, l’iniziativa UNICEF contro i matrimoni precoci

Paola_SaluzziL’8 marzo è da tutti riconosciuto (impropriamente) come la Festa della Donna. In questo giorno in realtà si celebra la Giornata Internazionale della Donna. Tutte, nessuna esclusa, a cominciare da quelle che saranno le donne di domani e che oggi altro non sono che delle bambine. Se per qualcuna questa giornata può rappresentare una festa per altre è invece una ricorrenza senza alcun significato. Sono decine di milioni nel mondo, infatti, le bambine che sono state costrette a sposarsi in età adolescenziale, rinunciando anzitempo alla propria libertà, ai propri diritti e al proprio futuro.

Per contrastare il fenomeno dei matrimoni precoci l’UNICEF Italia ha lanciato l’iniziativa Bambine non spose: #8marzodellebambine, in favore della protezione infantile. I cosiddetti matrimoni precoci si verificano soprattutto nei paesi in via di sviluppo e comportano conseguenze disastrose nella crescita delle ragazzine costrette a sposarsi prima di aver raggiunto la maggiore età. Conseguenze fisiche e psicologiche che si manifestano in seguito a violenze, abusi e sfruttamenti che molto spesso sfociano in gravidanze altrettanto precoci e pericolose per la salute.

Questa violazione dei diritti comporta inoltre anche altri aspetti negativi che non andrebbero in nessun modo sottovalutati; le spose bambine vengono infatti sottratte alle famiglie di appartenenza (spesso con il benestare della famiglia stessa a seguito di norme culturali e sociali discutibili) e sono per di più costrette ad abbandonare gli studi, rinunciando di fatto ad ogni forma di istruzione. Ed è principalmente su questo che l’UNICEF concentra il proprio lavoro nei paesi più soggetti a tale dramma infantile, sensibilizzando le popolazioni per cercare quanto meno di prevenire e limitare i matrimoni precoci ma, soprattutto, incentivando l’istruzione.

Gabriele Rossetti