Schianto fatale, muore carbonizzato Sean Edwards. Interpretò suo padre nel film “Rush”

sean edwardsÈ rimasto intrappolato tra le lamiere di una Porsche 996 dopo uno schianto terribile che ha reso vano ogni tentativo di soccorso. Il pilota britannico Sean Edwards ha perso la vita a soli 26 anni, morto carbonizzato in seguito ad un incidente d’auto sul circuito australiano Queensland Raceway a Willowbank, nei pressi di Brisbane. Leader del campionato Porsche Supercup, Edwards è deceduto durante un corso di formazione mentre faceva da istruttore ad un ragazzo di 20 anni (gravissime le sue condizioni) che ha perso il controllo dell’auto andando a sbattere contro un muro di pneumatici.

Un destino beffardo quello che ha colpito il talentuoso automobilista inglese, figlio dell’ex pilota di Formula 1 Guy Edwards. Un destino fatto di intrecci pericolosi e cupe coincidenze dal momento che il padre fu uno dei primi a soccorrere Niki Lauda il primo agosto 1976, quando si gettò nel fuoco per estrarre il collega dalla Ferrari in fiamme dopo l’incidente avvenuto al Nürburgring in Germania. Seppur riportando gravi ustioni, quel giorno Niki Lauda se la cavò grazie anche al coraggio di Guy Edwards.

Un episodio che ha segnato la storia dei motori e più in generale di tutto lo sport, recentemente raccontato in maniera egregia dal regista Ron Howard nel film Rush. La pellicola – attualmente nelle sale – è basata sulla rivalità tra Niki Lauda e James Hunt e la narrazione non poteva prescindere da quell’incidente, la cui scena riprodotta al cinema vede tra i protagonisti proprio Sean Edwards nei panni di suo padre (oggi 70enne).

La finzione ha però presto lasciato il posto ad una realtà ben diversa per Sean, talento puro dell’automobilismo, nel cui palmares sono presenti la vittoria di un campionato europeo GT3 nel 2006 e, quest’anno, della 24 Ore di Dubai e della 24 Ore del Nürburgring.

Gabriele Rossetti

Oltre alle foto c’è di più: Instagram lancia la funzione video

instagramFacebook fa sul serio e, nel tentativo di battere la concorrenza di Twitter, lancia una nuova sfida al suo più acerrimo competitor. L’ennesima. Dopo aver ufficializzato l’introduzione degli hashtag l’azienda di Menlo Park ha infatti annunciato una novità assoluta che riguarda Instagramuna delle applicazioni più utilizzate e scaricate per smartphone e tablet, acquisita proprio dal gruppo Facebook nell’aprile del 2012 per circa un miliardo di dollari. Scattare e modificare fotografie quadrate attraverso l’utilizzo di filtri artistici era l’unica funzione disponibile, ma da oggi gli utenti di tutto il mondo avranno anche la possibilità di girare dei video con le stesse modalità, scatenando così la propria fantasia da condividere con gli amici. Per l’occasione sono stati realizzati 13 nuovi filtri mentre l’unica limitazione consiste nella durata, che non potrà superare i 15 secondi di girato.

La nuova funzione di Instagram è stata presentata dal creatore di Facebook Marck Zuckerberg e da Kevin Systrom (co-fondatore dell’applicazione) ed è già disponibile per iPhone e smartphone che utilizzano il sistema operativo Android; non basta far altro che aggiornare l’applicazione. «Nel corso degli ultimi due anni e mezzo – ha detto Systrom -, Instagram è diventata una comunità in cui le persone possono condividere gli attimi più belli catturati in giro per il mondo in modo semplice. Per dare vita ad alcuni momenti, però, non basta un’immagine statica e finora questo tipo di storie non erano presenti su Instagram».

La discussione in merito all’introduzione dei video da parte di Instagram era cominciata da tempo e ha senza dubbio subìto un’accelerazione quando Twitter ha lanciato Vine, applicazione per girare e condividere video (della durata massima di 6 secondi e senza alcun filtro) sul social network. Proprio come avviene per Vine, anche con Instagram potranno essere girati video in un’unica sequenza oppure fermati e ripresi montando diverse sequenze. Oltrea lla durata dei video e alla presenza dei filtri, la maggiore differenza tra l’applicazione di Facebook e quella di Twitter consiste nell’introduzione di una nuova tecnologia denominata Cinema che permette di stabilizzare le riprese attenuando così movimenti bruschi e sobbalzi durante la realizzazione delle immagini.

La battaglia tra i due social network continua senza esclusione di colpi, con un botta e risposta che mantiene viva la competizione. Non v’è dunque da stupirsi se, molto presto, Twitter risponderà all’attacco di Facebook con altre sorprese.

Gabriele Rossetti

Milano rende omaggio a Guido Crepax a dieci anni dalla scomparsa

valentina-crepaxNel decennale della scomparsa e ad 80 anni dalla nascita di un grande artista quale Guido Crepax, Milano dedica una mostra mai realizzata prima proprio in onore del celebre fumettista. Si comincia giovedì 20 giugno e sarà possibile ammirarne il contenuto fino al 15 settembre 2013 nel meraviglioso scenario delle dieci sale dell’Appartamento di Riserva a Palazzo Reale che, insieme al Comune e all’Archivio Crepax, hanno organizzato, promosso e prodotto l’esposizione. Circa 90 tavole originali ma anche filmati e installazioni video sono state rispolverate dagli archivi e, per l’occasione, messe a disposizione dei visitatori.

Nato nel capoluogo meneghino nel 1933, Guido Crepax ha conosciuto la celebrità in tutto il mondo grazie al personaggio di Valentina, pubblicato per la prima volta nel 1965 sulle pagine della rivista Linus, ma dalla sua matita sono nate altre creature di eguale importanza. Crepax è stato infatti anche un designer pubblicitario, autore di oggetti di grande consumo, illustratore di libri, giornali, copertine di dischi e scenografo di teatro. La personale a lui dedicata vuole ripercorrere non soltanto la brillante carriera bensì il contesto storico durante il quale si è sviluppata, in una Milano che a quei tempi trasudava cultura.

Ognuna delle dieci sale che ospitano la mostra è caratterizzata da un tema, accuratamente scelto per mettere in evidenza i vari interessi e legami dell’artista. Quello con la sua famiglia, con la città di Milano, con Valentina, con il design, la moda, la letteratura, il cinema, la fotografia, la musica e con le illustrazioni di grandi romanzi storici (per esempio di Kafka e Edgar Allan Poe). Stroncato dalla sclerosi multipla nel 2003, l’ultimo lavoro di Crepax risale a un anno prima quando fece un adattamento di Frankestein, tratto dal romanzo di Mary Shelley.

Gabriele Rossetti

Martin Scorsese, mostra biografica al Museo del Cinema di Torino

scorseseRegista, attore, sceneggiatore, produttore cinematografico. Questo e molto altro rappresentano al meglio la figura di Martin Scorsese, uno dei maestri della settima arte, autore di grandi capolavori capaci di mettere d’accordo critica e pubblico. La biografia del cineasta americano, di origini italiane, è protagonista della mostra a lui dedicata che dopo essere stata esposta a Berlino approda nelle sale del Museo Nazionale del Cinema di Torino. Dal 13 giugno e fino al 15 settembre 2013 la Mole Antonelliana ospita veri e propri feticci appartenenti al mondo di Scorsese che gravitano – e non potrebbe essere altrimenti – attorno alla sua principale passione, divenuta lavoro. La passione incondizionata per il cinema che nel 1990 lo ha portato a fondare la Film Foundation, organizzazione non-profit impegnata nel restauro e nella conservazione di pellicole storiche che nel corso degli anni hanno subito danneggiamenti.

Co-prodotta dalla Deutsche Kinemathek e dal Museo Nazionale del Cinema, la mostra ricostruisce la vita di Scorsese attraverso un ricco materiale inedito proveniente direttamente dagli archivi privati dell’artista. Fotografie, lettere private, bozzetti, manifesti, storyboard, frammenti di sceneggiature e oggetti di scena (tra cui i costumi di Gangs of New York, quelli da pugile utilizzati da Robert De Niro in Toro scatenato e il vestito rosso di Michelle Pfeiffer in L’età dell’innocenza), costituiscono la mostra il cui percorso parte dall’Aula del Tempio e si protrae lungo la scalinata che ruota attorno alla cupola della Mole Antonelliana.

Curatrici dell’allestimento torinese Nicoletta Pacini e Tamara Sillo il cui obiettivo è «mettere in evidenza il lavoro di Martin Scorsese, le figure, le location, l’estetica dei suoi film, la passione e la sua umanità di narratore». La mostra comincia già all’esterno dove sulla cancellata del museo campeggiano 14 gigantografie scattate da Brigitte Lacombe sui set di alcuni film, mentre all’interno è suddivisa in aree tematiche che raccontano il legame di Scorsese con la famiglia, la musica ma anche con l’America ed in particolare con New York, a cui è dedicata un’intera sezione. Ad accogliere il visitatore è proprio una mappa luminosa della Grande Mela sulla quale sono collocati tutti i set scelti dal regista per i suoi film.

Non potevano infine mancare i contenuti multimediali grazie ai quali in ogni sezione è possibile vedere e ascoltare, tramite una guida su iPad, la descrizione ed il commento in lingua originale dello stesso Scorsese di 20 opere presenti nella mostra.

Gabriele Rossetti

Louxor, il cinema più antico di Parigi riapre dopo 25 anni di abbandono

LE LOUXORDopo venticinque anni di abbandono Parigi, capitale del cinema, si riconcilia con uno dei simboli del suo ricco patrimonio artistico e culturale. Stiamo parlando del Cinema Louxor, gioiello architettonico dell’Art déco, costruito nei primi anni ’20 in stile neo-egizio, che torna a (ri)vivere dopo un restauro che lo ha riportato al suo antico splendore. La sala cinematografica più vecchia della capitale francese, situata nel quartiere multietnico di Barbes, ai piedi della collina di Montmartre, nel 1982 aveva cessato la sua originaria funzione ed era stata trasformata in un locale notturno prima di venire chiusa definitivamente – e abbandonata al proprio destino – cinque anni dopo.

Dopo averne acquisito la proprietà da un privato, nel 2010 il Comune ha dato il via ai lavori per garantire la resurrezione del Louxor. Lavori costati complessivamente 25 milioni di euro e terminati in tempo per l’inaugurazione del cinema che oggi, alla presenza del sindaco di Parigi Bertrand Delanoe, riapre al pubblico con tre sale simili a quelle originali, un bar e una terrazza con vista sulla Basilica del Sacro Cuore. Rispetto ai cinema di ultima generazione il Louxor sarà però un multisala sui generis con un programma di carta all’antica, senza alcuna pubblicità prima della proiezione dei film e soprattutto senza la vendita di pop-corn.

Il restauro del Louxor è solo un primo passo effettuato dalla città di Parigi che per rilanciare lo sviluppo economico attraverso le sue bellezze artistiche sta pensando di riportare in vita altre quattordici sale cinematografiche d’antan le quali, come scrive Le Figaro, verranno rimesse a nuovo entro il prossimo anno.

Restituire ai cittadini uno spazio leggendario come il Cinema Louxor equivale non soltanto a migliorare l’immagine del quartiere ma anche ad arricchire notevolmente l’offerta culturale di Parigi.

Gabriele Rossetti

“Da Sodoma a Hollywood”: al via il 28° Torino GLBT Film Festival

torino glbt film festivalCortometraggi, lungometraggi e documentari: 120 pellicole in rappresentanza di 34 nazioni, la maggior parte delle quali incentrate sul tema del corpo e sulla difficoltà di amarsi e costruire relazioni gay. Sulla base di questi contenuti prende il via la ventottesima edizione del Torino GLBT Film Festival, la rassegna cinematografica più longeva d’Europa che dal 1986 dà spazio alle tematiche di gay, lesbiche, bisessuali e trasgender. Come ogni anno la volontà degli organizzatori è di proporre al pubblico film di grande attualità che difficilmente troverebbero spazio altrove, col serio rischio di rimanere “invisibili“. In programma dal 19 al 25 aprile presso il Cinema Massimo di Torino, la rassegna è suddivisa in tre sezioni ognuna delle quali sottoposta al giudizio di una giuria internazionale. Per ogni categoria in concorso (cortometraggi, lungometraggi e documentari) è inoltre previsto un Premio assegnato direttamente dal pubblico.

Il Festival diretto da Giovanni Minerba e organizzato in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema propone sia opere drammatiche sia commedie e, come ogni rassegna dedicata alla settima arte che si rispetti, prevede in cartellone anche la proiezione di film fuori concorso. Ad aprire la rassegna “Any Day Now” di Travis Fine, film ambientato alla fine degli anni ’70 e tratto da una storia vera che racconta la vita di una drag queen di Los Angeles che, insieme al suo partner, cerca di ottenere la custodia di un ragazzo down quattordicenne. Il compito di chiudere il Festival è invece affidato ad una commedia brillante di Gary Entin, “Geography Club“,  che esplora il mondo degli adolescenti di oggi, dalla conquista di sé al coming out e dal bullismo all’omofobia. E proprio il tema del bullismo sarà nuovamente protagonista del Festival il 20 aprile, quando nel mondo si celebrerà la Giornata del silenzio. Un modo simbolico per affrontare una problematica sempre più frequente nella nostra società.

Per il quarto anno consecutivo verrà inoltre assegnato il Premio “Dorian Gray”, attribuito ad una personalità appartenente al mondo del cinema, dello spettacolo o della cultura che si sia distinta e abbia dato il suo contributo alla causa per i diritti delle persone GLBT. Dopo James Ivory, Lindsay Kemp e Luciana Littizzetto, il riconoscimento andrà all’attrice e cantante tedesca Ingrid Caven, nota per essere stata musa e moglie di Rainer Werner Fassbinder.

L’edizione 2013 del Torino GLBT Film Festival avrà una sezione dedicata ai giovani e una al vintage ed introdurrà uno strumento innovativo che consentirà di andare a scovare le opere del passato che hanno partecipato alle ultime cinque edizioni. Circa 3000 pellicole sono state infatti catalogate e sono disponibili in un grande archivio online denominato GLBT Movie Database, attraverso il quale è possibile visionare le schede dei film e delle persone che hanno preso parte al Festival.

Gabriele Rossetti

Exhibition: la grande arte al cinema, ciclo di serate-eventi da vedere comodamente seduti in poltrona

Exhibition_LOCEventi culturali di alto livello accessibili a chiunque, stando comodamente seduti in poltrona nei cinema di tutto il mondo. L’ultima frontiera di fruizione di ogni forma artistica è arrivata anche in Italia dove, da qualche tempo, il colosso della produzione e distribuzione Nexo Digital ha portato nelle sale cinematografiche spettacoli di ogni genere adattati al grande schermo, rendendoli disponibili ad un pubblico sempre più ampio e variegato. L’ultima iniziativa della società di produzione prende il nome di “Exhibition: la grande arte al cinema” e consiste in un ciclo di eventi unici che porterà gli spettatori alla scoperta del lavoro di grandi pittori del passato.

Il primo appuntamento è in programma giovedì 11 aprile quando nelle sale aderenti all’iniziativa verrà proiettato un documento esclusivo dedicato a Édouard Manet. “Manet: ritratti di vita”, il titolo del documentario, ovvero una sorta di tour virtuale attraverso le opere del pittore francese esposte alla Royal Academy of Arts di Londra. Ad uno storico dell’arte e ai curatori della mostra – che raccoglie più di 50 volti tra cui quello della moglie e di alcuni amici luminari – il compito di raccontare al pubblico i quadri e la vita del pittore, il tutto accompagnato sulle note di Chopin e Schumann.

Il calendario degli eventi di “Exhibition: la grande arte al cinema” proseguirà il 27 giugno con una mostra dal Museo Nazionale di Oslo dedicata al pittore norvegese Edvard Munch, dal titolo “Munch 150”, e si concluderà il 10 ottobre prossimo con la serata-evento intitolata “Vermeer e la musica: l’arte dell’amore e del piacere” che porterà sul grande schermo la mostra dell’artista olandese esposta alla National Gallery di Londra.

Portare l’arte al cinema è ormai diventata una consuetudine: concerti, balletti e mostre hanno fatto registrare un numero impressionante di spettatori in tutto il mondo, oltre ogni aspettativa. L’ultima sorpresa – in termini di pubblico pagante – è stata la mostra “Leonardo Live”, esposizione della National Gallery di Londra portata in più di 1.000 sale cinematografiche del mondo.

Gabriele Rossetti

Torino Jazz Festival, musica e non solo: oltre 130 eventi gratuiti

torino jazz festivalBissare il successo dello scorso anno che fece registrare oltre 100 mila presenze. Questo l’auspicio degli organizzatori del Torino Jazz Festival, la cui seconda edizione si terrà dal 26 aprile al 1 maggio. Sei giorni di appuntamenti rigorosamente gratuiti per oltre 130 eventi dedicati a tutto ciò che gravita attorno al genere musicale nato nelle comunità afroamericane all’inizio del XX secolo. Musica, letteratura, fotografia e cinema andranno a comporre il programma che si svolgerà nei luoghi simbolo di Torino attraverso percorsi tematici: piazza Castello e piazzale Valdo Fusi ospiteranno i concerti delle band, il Circolo dei Lettori sarà la casa degli incontri letterari, mentre al Museo di Scienze Naturali ed al Cinema Massimo sarà possibile assistere rispettivamente a mostre fotografiche e proiezioni cinematografiche.

Un’edizione completamente rinnovata rispetto a quella passata che riuscì a chiudere il bilancio in positivo nonostante un clima tutt’altro che primaverile; la pioggia battente di quei giorni non fermò l’affluenza di spettatori e curiosi e – come detto – la speranza è che si possa fare ancora meglio. Proprio in quest’ottica il nuovo direttore del festival, Stefano Zenni, ha lavorato per portare sotto la Mole nomi di livello internazionale: Mike Stern, John Coltrane, Abdullah Ibrahim, McCoy Tyner, Roy Haynes e Tania Maria. Ospite della kermesse anche il trombettista e compositore Enrico Rava, che si esibirà con l’Orchestra del Teatro Regio in uno spettacolo ispirato al libro “On the road” di Kerouac.

Un occhio di riguardo anche per la sezione Fringe del festival che andrà ad esplorare il panorama jazzistico contemporaneo. La sezione off della kermesse curata da Fulvio De Castri vedrà la partecipazione di oltre 160 artisti che si esibiranno “in notturna” tra i locali di piazza Vittorio Veneto ed i Murazzi, lungo il fiume Po.

Gabriele Rossetti

“Caro Federico”, l’omaggio teatrale di New York al maestro Fellini

federico felliniUn viaggio attraverso la vita privata e il lavoro di uno dei più straordinari maestri del cinema italiano e non solo. Si presenta così “Caro Federico“, l’omaggio che New York ha voluto tributare a Federico Fellini mettendo in scena una piece teatrale per ripercorrere le strade del grande regista riminese, conosciuto in tutto il mondo per le doti dietro la macchina da presa e per la scrittura delle sceneggiature dalle quali sono nati film memorabili.

L’autore di “8½”, “La dolce vita” e “Amarcord” – giusto per citarne alcuni – è stato ricordato sul palcoscenico del Pershing Square Signature Center di New York attraverso un collage di immagini, ricostruzioni, filmati, spezzoni originali dei suoi film e testimonianze dirette dell’epoca di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo da vicino: dalla moglie Giulietta Masina ad Alberto Sordi, da Anna Magnani a Marcello Mastroianni. Ad impreziosire il racconto del percorso artistico del quattro volte premio Oscar, le voci narranti di due grandi attori quali Edward Norton e Diane Lane, la quale in un’intervista ha detto che Fellini «è come l’infinito».

L’opera teatrale porta la firma di Guido Torlonia e Ludovica Damiani e rientra in un progetto più ampio denominato “A tribute to the great masters” che lo scorso anno ha messo in scena un evento simile dedicato a Luchino Visconti. L’evento è stato invece organizzato dall’associazione no profit Venezian Heritage presieduta da Isabella Rossellini e dalla Fondazione Fendi, con lo scopo di raccogliere fondi per il restauro delle sculture di Adamo ed Eva nel Palazzo del Doge a Venezia. L’associazione fa infatti parte di un programma dell’Unesco per la Salvaguardia di Venezia ed ha come obiettivo la promozione e il sostegno di iniziative intellettuali, artistiche e scambi culturali tra l’Italia e gli Stati Uniti.

Gabriele Rossetti

Movie on the Road, la mappa del cinema con i film girati a Torino

movie on the roadPiazza CLN in “Profondo rosso” di Dario Argento, la Gran Madre nel film di Michael Caine “An Italian Job”, la Galleria Umberto Primo scelta da Gianni Amelio in “Così ridevano” e ancora il mercato del Balôn e Borgo Dora in “La donna della domenica di Luigi Comencini. Sono solo alcune delle locations che hanno fatto conoscere al grande pubblico i luoghi più belli di Torino attraverso il cinema. Il legame tra il capoluogo sabaudo e la settima arte è sempre stato solido ma per coinvolgere maggiormente turisti e semplici cittadini alla scoperta delle bellezze di Torino immortalate dai registi sul grande schermo, l’Associazione Museo Nazionale del Cinema ha ideato il progetto “Movie on the Road – 24 location cinematografiche in giro per Torino“.

Grazie al contributo di Regione Piemonte e Fondazione CRT, con il patrocinio del Comune e la collaborazione del Museo Nazionale del Cinema e di Film Commission Torino Piemonte, il progetto consiste nella realizzazione di due mappe: una cartacea, disponibile presso il Museo del cinema e nei punti informativi della città, l’altra digitale scaricabile dal sito movieontheroad.com. Sulle cartine sono stati segnalati 24 luoghi di Torino che hanno ospitato altrettanti set cinematografici. In realtà i film girati sotto la Mole sarebbero molti di più ma la decisione è stata circoscritta a 24, che non a caso rimanda alla frequenza dei fotogrammi al secondo che compongono un’immagine cinematografica. Ciascuna location è stata selezionata con cura e criterio, associata ad un film e accompagnata da una breve scheda biofilmografica – correlata di foto – del lungometraggio e dell’attore principale dello stesso.

Le varie locations sono state suddivise e raggruppate in un percorso guidato che accompagna gli appassionati e i più curiosi attraverso le strade della città. Quattro itinerari che vanno dal centro alla collina e dalla zona ovest del centro al quartiere di Porta Palazzo attraverso i quali è anche possibile osservare il cambiamento di Torino nel corso degli anni. Sulle cartine sono inoltre presenti le schede e i riferimenti logistici di sei luoghi simbolo del cinema a Torino come la Mole Antonelliana (sede del Museo Nazionale del Cinema), Palazzo Chiablese (prima sede del museo), l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, il Cinema Romano (primo cinema d’essai italiano), il Cineporto (sede della Film Commission) e gli studi Fert (storico stabilimento cinematografico di inizio novecento e ora sede del “Virtual Reality & Multimedia Park” e dei “Lumiq Studios”).

Il progetto è stato studiato e pensato come una sorta di cineturismo atto a promuovere il ricco patrimonio cinematografico di Torino. Negli Stati Uniti così come a Londra o Berlino il turismo cinematografico è molto diffuso e riscuote successo non soltanto in termini culturali ma anche economici. È quanto si augura di raggiungere anche Torino, città sempre più a misura di turista che da oggi offre un’opportunità in più anche ai cinefili.

Gabriele Rossetti

Museo Nazionale del Cinema, nuova area espositiva dedicata al 3D

Nella splendida cornice della Mole Antonelliana di Torino in cui ha sede il Museo Nazionale del Cinema è stata presentata una novità che dimostra come il museo costituito per omaggiare la settima arte sia costantemente al passo con i tempi. Il progetto riguarda alcune innovazioni negli allestimenti e nei contenuti che vanno ad arricchire e rinnovare l’Aula del Tempio, cuore pulsante della struttura museale, grazie alla realizzazione di una Cappella interamente dedicata alla tecnologia 3D.

Il progetto, finanziato dalla Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino per un costo complessivo di centomila euro, ha lo scopo di fornire ai visitatori del museo la storia delle tecnologie di proiezione tridimensionale, entrate ormai nell’uso comune delle tecniche cinematografiche. Il nuovo allestimento è stato realizzato nell’attuale cappella dedicata agli effetti speciali – denominata Big Bang – le cui pareti sono state rivestite di pannelli fotografici in 3D. Grazie all’installazione di un monitor autostereoscopico e software altamente innovativi, il visitatore avrà dunque la sensazione di trovarsi all’interno di un vero e proprio ambiente tridimensionale.

Il nuovo spazio espositivo verrà inaugurato giovedì 14 marzo e sarà successivamente aperto al pubblico che avrà la possibilità di ripercorrere le tappe più significative della storia delle tecnologie 3D attraverso la visione di un filmato – montato ovviamente in tre dimensioni – della durata di 10 minuti. Al contrario di quanto si possa pensare il 3D ha origini molto lontane che risalgono agli albori della storia del cinema e ai fratelli Lumière, veri pionieri del settore. Furono proprio i due imprenditori francesi a sperimentare le prime riprese tridimensionali negli anni ’50, facendo da precursori a ciò che grazie all’avvento del digitale avrebbe raggiunto livelli di perfezione tecnologica sempre più avanzati ma non per questo non ancora migliorabili.

Gabriele Rossetti

Down for the count: la morte nei film di Quentin Tarantino

infografica tarantino

Che rapporto c’è tra il cinema di Quentin Tarantino e la morte? Non bisogna essere per forza appassionati del regista statunitense, fresco vincitore del secondo premio Oscar in carriera per la migliore sceneggiatura originale di Django Unchained (a diciotto anni di distanza dalla prima statuetta, vinta, sempre nella stessa categoria, per Pulp Fiction), o dei suoi lavori per rendersi conto di quanto l’uccisione giochi un ruolo fondamentale all’interno dei suoi film. Re del genere splatter, non esiste pellicola nella quale Tarantino non proponga allo spettatore l’uccisione di almeno uno dei suoi personaggi.

Già, ma quanti attori ha fatto “morire” il buon Quentin nei suoi film? A fornire la risposta ci ha pensato l’edizione americana di Vanity Fair che non solo ha contato una per una le vittime delle otto pellicole scritte e prodotte da Tarantino, ma ne ha anche realizzato una infografica davvero interessante grazie alla quale è possibile riepilogare, film per film, tutte le morti e ciò da cui sono state causate. Ebbene la crudeltà del cineasta del Tennessee è costata la vita addirittura a 560 attori, le cui uccisioni sono avvenute nei modi più disparati; dai “banali” – a livello cinematografico, si intende – colpi di pistola a quelli di accetta e katana, senza tralasciare esplosioni, incendi (memorabile il finale di Inglourious Basterds), strangolamenti e scalpi. Nel dettaglio dell’infografica sono riportate tutte le tecniche e le modalità che hanno portato alla morte i personaggi tarantiniani.

dettaglio infografica

L’analisi, suddivisa  per pellicole in rigoroso ordine cronologico, mette in risalto le tecniche di uccisione preferite da Tarantino e lasciano spazio a curiosità e perplessità. Eccezion fatta per il povero Maynard in Pulp Fiction, trafitto da Butch (personaggio interpretato da Bruce Willis) con una katana, la morte nei primi tre film di Tarantino avviene solamente a seguito di conflitti a fuoco. Il fortunato esordio del regista nel mondo del cinema coincide con le undici vittime in Reservoir Dogs – Le Iene, al quale seguono i sette morti in Pulp Fiction e i quattro decessi in Jackie Brown.

Numeri destinati a crescere – in maniera esponenziale – nei seguenti capolavori di Tarantino, a cominciare dal volume I di Kill Bill nel quale, per mano della spietata Beatrix Kiddo (Uma Thurman) muoiono complessivamente 62 personaggi. Come non ricordare la mattanza presso la Casa delle Foglie Blu dove viene sterminato l’esercito di O-Ren, gli 88 folli. Solamente tredici le morti nel secondo volume di Kill Bill, tra cui spicca la fine più attesa e vendicativa: quella di Bill, avvenuta mediante la tecnica dellesplosione del cuore con cinque colpi delle dita, metodo insegnato a Beatrix da Pai Mei. Lo spettatore più attento ricorda che nel film viene narrata anche la morte del grande maestro di arti marziali (ucciso dalla rivale di Beatrix, Elle Driver), avvenuta per avvelenamento delle teste di pesce, la zuppa preferita dal maestro. Un episodio, questo, che evidentemente deve essere sfuggito agli autori dell’infografica di Vanity Fair.

Dall’enorme successo di Kill Bill, considerata da Tarantino un’opera unica, seppur divisa in due parti, si passa al flop (di botteghini e critica) di Grindhouse – Death Proof. La morte è già citata nel titolo del film ma la curiosità più evidente è che il primo road movie del regista è anche l’unico nel quale nemmeno una delle sei vittime viene uccisa con colpi di pistola. Nella prima parte del film l’auto di Stuntman Mike (Kurt Russell) causa terribili incidenti stradali che portano alla morte di cinque ragazze. La misoginia del protagonista verrà però vendicata da altre quattro donne che nella seconda parte del film costringono Mike ad arrendersi, prima di finirlo al termine di un duello corpo a corpo.

Le sei vittime di Grindhouse sono nulla in confronto allo sterminio di nazisti portato sul grande schermo da Tarantino con Inglourious Basterds, pellicola nella quale il regista dà sfogo a tutta la propria perversione, uccidendo 396 persone. La vendetta ebrea è inscenata non soltanto dagli uomini del tenente Aldo Reine (Brad Pitt) – i cosiddetti “Bastardi” -, ma anche dalla giovane Shosanna (Melanie Laurent) che rinchiude le più alte cariche naziste nel suo cinema, non prima di aver progettato un piano a dir poco diabolico.

Il bilancio delle uccisioni nei film di Tarantino si chiude, per il momento, con le sessantaquattro vittime in Django Unchained, ultima fatica cinematografica del regista che ha voluto rendere omaggio allo Spaghetti western, genere che prevede sparatorie in quantità e violente esplosioni. Una di queste è fatale allo stesso Tarantino il quale, dopo un conflitto a fuoco con la polizia ne Le Iene, torna a lasciarsi morire in un suo film, rafforzando l’ipotesi che prevede la morte come elemento intrinseco e imprescindibile nello svolgimento di ogni sua storia.

Gabriele Rossetti