La beffa delle false “Teste di Modì” torna in auge in una canzone di Caparezza

Le false Teste di ModìTrent’anni fa la città di Livorno si apprestava a rendere omaggio ad uno dei suoi figli più illustri, organizzando una mostra celebrativa per il centenario della nascita di Amedeo Modigliani. Oltre ad allestire lo spazio espositivo del Museo Progressivo di Arte Moderna con alcuni lavori dell’artista, per l’occasione la direttrice del museo decise di provare a dare un fondo di verità alla leggenda che da anni circolava tra i livornesi secondo la quale, nel 1909, Modigliani – di rientro da Parigi per un’esposizione temporanea – su consiglio di alcuni amici artisti avrebbe gettato tre sculture nel canale nei pressi di piazza Cavour. Grazie ad un ingente finanziamento il Comune avviò le operazioni di dragaggio dei Fossi Medicei e il 24 luglio, una settimana dopo l’inizio dei lavori, avvennero i primi due sorprendenti ritrovamenti ai quali ne seguì un terzo, datato 10 agosto 1984. Dalle acque del canale emersero infatti tre blocchi di pietra arenaria sui quali erano incisi tre volti, con uno stile che ad un primo sguardo rimandava a quello, inconfondibile, delle opere più famose di Modigliani.

La notizia creò immenso stupore e venne accolta con esaltazione da giornalisti e critici d’arte che si recarono in città per documentare da vicino l’evento e valutare l’autenticità delle “Teste di Modì”. Livorno divenne improvvisamente “capitale dell’arte” e non tardarono ad arrivare giudizi critici di ogni tipo. In molti non esitarono un solo istante nell’attribuire la paternità delle Gli autori di una delle testeopere a Modigliani mentre altri rimasero più cauti, ma si trattava di una minoranza che rimase tale. Dall’euforia per il ritrovamento, ben presto si passò alla delusione mista a rabbia quando iniziò a diffondersi un’altra notizia clamorosa; l’autore dei blocchi di pietra non era affatto Modigliani, bensì tre ragazzi livornesi che rilasciarono un’intervista ad un quotidiano rivendicando la paternità di una delle tre “opere”. I tre studenti, all’epoca dei fatti poco più che ventenni, dichiararono di aver realizzato la scultura con un semplice trapano e di averla gettata nel canale proprio nei giorni in cui iniziarono le ricerche. «Continuavano a non trovare niente – disse uno di loro facendo riferimento alle operazioni di dragaggio -, così abbiamo deciso di fargli trovare qualcosa».

Quella che sembrava a tutti gli effetti una scoperta sensazionale si rivelò in realtà una beffa eclatante. Pietro Luridiana, Michele Ghelarducci e Pierfrancesco Ferrucci (questi i nomi degli autori della beffa) si presero gioco delle istituzioni e di numerosi critici d’arte e vennero addirittura invitati dalla Rai a riprodurre – in prima serata e in diretta tv – la scultura per dimostrare le loro reali qualità. Il falso venne nuovamente riprodotto dai tre ragazzi davanti alle telecamere e qualche giorno più tardi uscì allo scoperto anche l’autore delle altre due teste: trattasi di Angelo Froglia, un portuale livornese appassionato di arte che spiegò di aver agito per rivalsa nei confronti dei giudizi della critica. «Il mio intento – rivelò Froglia – era quello di evidenziare come attraverso un processo di persuasione collettiva, attraverso la Rai, i giornali, le chiacchiere tra persone, si potevano condizionare le convinzioni della gente».

A distanza di trent’anni la beffa delle teste di Modigliani non è stata per nulla dimenticata, ma anzi torna in auge grazie ad un artista a tutto tondo come Caparezza (al secolo Michele Salvemini) che nel suo ultimo album Museica, ispirato proprio al mondo dell’arte, dedica alla vicenda una canzone intitolata proprio “Teste di Modì”.

Il 24 luglio ricade la ricorrenza del ritrovamento della seconda testa realizzata dai tre ragazzi livornesi (oggi cinquantenni) che compaiono nel video ufficiale della canzone di Caparezza, il quale ha voluto così omaggiare quel gesto: «Quello scherzo sublime inceppò, seppur involontariamente, i meccanismi del mondo dell’arte. Per tanti fu subito stizza, per me fu subito amore». Nel testo della canzone Caparezza utilizza il suo solito linguaggio tagliente per scagliarsi contro la critica e, più in generale, l’opinione pubblica, che allora come oggi viene condizionata e influenzata dai mass media al punto di far passare per vero qualcosa che in realtà non lo è.

Gabriele Rossetti

ilnotiziabile compie un anno; 365 giorni al vostro fianco

ilnotiziabileQuesta sì che è una notizia! Quella di oggi è una giornata speciale per ilnotiziabileche festeggia il primo anno di vita. Il primo marzo di un anno fa nasceva infatti una “creatura” dal destino incerto e dal futuro quanto mai nebuloso. Un’avventura che non pensavo potesse riscuotere tanto interesse e raggiungere così tante persone sparse per il mondo; dall’Egitto al Venezuela, da Taiwan al Barhain, dalla Giamaica ad Hong Kong. Chi lo avrebbe anche solo immaginato dodici mesi fa… Di certo non io che ho dato vita a questo “progetto” per caso, per piacere personale, per divertimento e con la convinzione – evidentemente errata – che «tanto chi vuoi che ti legga?». Col passare dei giorni, invece, mi sono dovuto ricredere. Le visualizzazioni sono aumentate a dismisura e con loro i followers (che vorrei poter ringraziare uno ad uno) che hanno cominciato ad apprezzarne forma e contenuti.

La nascita di questo blog è legata a un periodo particolare della mia vita; in seguito all’ennesima delusione lavorativa ho deciso che avrei occupato parte del mio tempo con ciò che più mi piace e, una volta tanto, pensando solo a me stesso. Perché continuare a scrivere gratis – o quasi – per gli altri, quando posso farlo tranquillamente per me? La risposta a questa domanda è sotto gli occhi di tutti e solamente grazie a voi lettori oggi, a distanza di un anno, sono davvero entusiasta di aver intrapreso questa strada.

notiziàbile agg. [der. di notizia]. – Di fatto, evento e sim., che costituisce una notizia e, quindi, suscita l’interesse dei mezzi di informazione.                                                                                                (Enciclopedia Treccani)

Non mi sono mai reputato uno scrittore né tantomeno avrei potuto aprire un blog a mo’ di diario personale. Nel mio piccolo ho solamente cercato di fare informazione, spaziando da un tema all’altro e cerando di documentarmi il più possibile prima di scrivere e pubblicare ogni singolo articolo. Una scelta che ha pagato in termini di riconoscimenti e mi ha addirittura portato a ricevere numerosi awards su WordPress. Davvero troppa grazia!

Curioso il fatto che 365 giorni fa il viaggio di questa nuova nascita fosse cominciato parlando di morte, con un post a cui sono molto affezionato per diversi motivi: Down for the count, ovvero la morte nei film di Quentin Tarantino. Nei vari commenti lasciati sulle pagine molti di voi hanno definito questo blog versatile, centrando il vero principio di fondo di questo spazio che non vuole essere monotematico. Nel limiti delle mie conoscenze vi ho raccontato di artemusica, e sport. Alcune delle mie passioni, così come mi appassiona raccontare storie notiziabili. Storie di personaggi che hanno saputo commuovere o strabiliare grazie alle loro sensibilità e qualità. Come Rooie Marck, per esempio, o come la diciottenne Eesha Khare, capace di stupire il mondo grazie ad una invenzione alquanto rivoluzionaria. E poi la verità sugli Ospedali Psichiatrici Giudiziari raccontata in un film, ma anche la splendida iniziativa di un ragazzo siciliano che sogna di vedere in ogni città una via intitolata a Jimi Hendrix.

Questo e molto altro e chissà quanto ancora. Durante questo lungo anno non mi sono dato scadenze né sulla pubblicazione dei post né sulla durata (effettiva) del blog. Semplicemente mi sono lasciato trasportare dalla mia volontà, dal mio tempo libero e, soprattutto, dalle notizie, che sono il vero motore di questo spazio di mondo chiamato ilnotiziabile, lanciato nella Rete ormai un anno fa e che senza di voi – amici di WordPress e non – non sarebbe cresciuto così tanto.
E allora se vi va spegnete la candelina e cantate insieme a me Happy Birthday, tanto abbiamo scoperto essere di dominio pubblico…

Grazie a tutti, di cuore.

Gabriele Rossetti

Da Parigi a Torino, il viaggio nel mondo di Renoir in mostra alla GAM

renoir - la balançoireVisioni paesaggistiche, figure borghesi e popolane, ritratti di amici e bambini, decorazioni floreali, nudi femminili. Parte dell’attività artistica di uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo lascia momentaneamente Parigi e approda a Torino per dare vita ad un allestimento del tutto inedito. Il viaggio nel mondo di Pierre-Auguste Renoir fa tappa alla GAM (Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea) nell’ambito di “Torino incontra la Francia”, progetto culturale promosso dal capoluogo piemontese in collaborazione con il Musée d’Orsay. E proprio dalle collezioni del museo parigino (e dal Musée de l’Orangerie) giungono in prestito sessanta capolavori del pittore, in mostra fino al 23 febbraio. Quattro mesi per ammirare da vicino il lavoro – e la sua complessa evoluzione – dell’artista, attivo tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e il primo ventennio del Novecento.

Suddivisa in nove sezioni l’esposizione mette in evidenza l’indiscussa qualità della tecnica pittorica di Renoir e i diversi temi affrontati durante la sua vita e tramutati in arte. Definito e riconosciuto da molti esclusivamente come «pittore della spensieratezza e della gioia di vivere», Renoir fu invece un artista capace di sperimentare, confrontarsi con le novità del periodo storico e stravolgere le classiche regole della rappresentazione.

La mostra (che ha riscosso il successo del pubblico ancor prima di aprire i battenti con oltre 12 mila prenotazioni) si apre con la sezione intitolata L’età della Bohème, nella quale vengono presentati ritratti di amici e uno dei primi nudi e prosegue con Des femmes passent dans la rue, galleria di ritratti femminili tra cui spiccano “Madame Darras”, “La liseuse” e “Giovane donna con veletta”. Il pezzo forte della terza sezione, La recherche heureuse du côté moderne, è senza dubbio il meraviglioso “La balançoir”, mentre nel quarto spazio espositivo, Le métier de paysagiste, si possono ammirare dieci opere realizzate in en plein air. La visita continua le sezioni Infanzia, Le Jeunes filles au piano, Beau comme un tableau de fleurs, Le nu, forme indispensable de l’art, e si conclude con L’eredità delle Bagnanti, dove campeggia l’omonimo dipinto considerato il testamento pittorico di Renoir, donato nel 1923 dai figli allo Stato francese.

I quadri esposti alla GAM sono stati selezionati dall’ampia produzione artistica del pittore francese nella quale il cappello è un elemento ricorrente. Protagonista della moda francese della Belle Epoque, il corpicapo (soprattutto quello femminile) era una delle passioni di Renoir e rappresenta il filo conduttore del percorso espositivo.

Gabriele Rossetti

Canaletto torna a Venezia, mostra temporanea unica ma a prezzi folli

canaletto Per allestire una mostra di rilievo non è detto che vi sia bisogno di esporre un numero spropositato di opere. Ci sono alcuni (rari) casi in cui basta un solo capolavoro per creare un evento unico. È quanto succederà tra circa un mese con una delle più importanti opere di Giovanni Antonio Canal, meglio conosciuto come Canaletto, che dopo duecentosettanta anni torna nel luogo in cui ebbe origine per dare vita ad una esperienza irripetibile. Venezia è pronta ad accogliere L’entrata nel Canal Grande dalla Basilica della Salute, considerato tra i lavori più riusciti del pittore vedutista vissuto a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo.

Per ottenere la massima aderenza e coerenza con il paesaggio da rappresentare il pittore veneziano era solito avvalersi della camera ottica, utilizzata anche per la creazione di questo meraviglioso dipinto che raffigura uno scorcio del Canal Grande con le immancabili gondole e una veduta della Basilica della Salute ed è stato realizzato come ex voto della città per la salute ritrovata dopo l’ennesima pestilenza. La prospettiva è quella che si ha da una finestra del loggiato dell’Abbazia di San Gregorio, il luogo in cui venne realizzato il quadro e lo stesso nel quale verrà nuovamente esposto. Proveniente dalla Collezione Terruzzi, l’opera sarà infatti allestita dal 10 novembre al 27 dicembre (con orario continuato 24 ore su 24) negli spazi dell’Abbazia, di proprietà della famiglia Buziol.

«Più che una mostra vuol essere soprattutto un’esperienza emozionale», fanno sapere gli organizzatori che non a caso hanno programmato l’esposizione nel periodo in cui in città si festeggia la Madonna della Salute. Un video realizzato dal regista e sceneggiatore Francesco Patierno introdurrà l’opera dell’artista veneziano ai visitatori dell’esposizione che, però, non sarà alla portata di chiunque. Per accedere alle sale dell’Abbazia di San Gregorio bisognerà infatti prenotarsi ma, soprattutto, essere disposti a sborsare cifre stellari. L’unica nota stonata è proprio rappresentata dal costo dei biglietti: da un minimo di 35 euro a testa per una visita diurna di gruppo (otto persone) si passa ai 50 euro a testa per una visita notturna sempre di gruppo. Il prezzo sale e di molto per chi è intenzionato ad ammirare l’eccezionale dipinto in solitaria: in questo caso il costo è di 280 euro per la visita diurna e 400 euro per quella notturna.

Il ritorno del Canaletto a Venezia è merito della famiglia Buziol, in particolare dei giovani fratelli Silvia e Giampaolo che nel 2010 visitarono la mostra “Canaletto e i suoi rivali” presso la National Gallery di Londra. Tra le opere esposte c’era anche L’entrata nel Canal Grande dalla Basilica della Salute che li colpì per quella veduta così familiare e che ha portato i Buziol a voler allestire la mostra proprio in quel luogo. Il capolavoro di Canaletto venne realizzato tra il 1740 ed il 1745 in tre copie pressoché identiche, una delle quali è di proprietà delle Collezioni Reali della Regina Elisabetta II. Non la copia in questione che invece lasciò Venezia quando venne acquistata da una famiglia nobiliare inglese che in seguito la cedette al Duca di Kent. L’ultimo passaggio di consegne avvenne nell’aprile del 1970 quando l’opera venne battuta all’asta da Sotheby’s a Londra, finendo nelle mani dell’attuale proprietà che prima di riportarla finalmente a Venezia ha consentito che venisse esposta temporaneamente al Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, al Vittoriano di Roma, a Palazzo Reale a Milano e al Museo Maillol di Parigi.

Gabriele Rossetti

“Better out than in”, la street art di Banksy sui muri di New York

banksy-new-yorkSi chiama “Better out than in” (Meglio fuori che dentro) ed è l’ultimo, originalissimo, progetto dell’esponente di spicco della street art mondiale. Parliamo ovviamente di Banksy, il misterioso writer inglese che da qualche giorno è sbarcato a New York per esprimere e condividere ancora una volta tutto il proprio talento. Non una semplice toccata e fuga; la tappa dell’artista di Bristol nella Grande Mela durerà almeno tutto il mese di ottobre, durante il quale realizzerà quotidianamente i suoi lavori sui muri della città. New York si trasformerà dunque in una galleria d’arte a cielo aperto, pronta ad ospitare una “mostra a puntate” quanto mai insolita.

Qualsiasi opera realizzata al chiuso, in uno studio, non sarà mai superiore ad una realizzata all’esterno. [Paul Cézanne]

Non sarà una mostra a tutti gli effetti ma poco ci manca perché l’artista, la cui identità è tuttora ignota, ha voluto corredare ogni opera con tanto di audio guida, proprio come se fosse ospitata in un qualsiasi museo. Accanto ad ogni lavoro è infatti dipinto un numero di telefono che una volta composto rimanda alle spiegazioni e alle curiosità relative alla realizzazione dell’opera in questione. Il progetto è stato presentato dallo stesso artista sul proprio sito internet (banksy.co.uk) e viene costantemente aggiornato, garantendo a chiunque non abbia la fortuna di trovarsi a New York di poter ammirare i murales realizzati e di ascoltare online l’audio guida. È inoltre possibile seguire il percorso dell’artista sui principali social network attraverso l’hashtag #banksyny.

banksy_ny1Il primo lavoro, intitolato “The street is in play”, è stato realizzato martedì 1 ottobre ad Allen Street, Chinatown, e ritrae due ragazzini che si aiutano, uno sulla schiena dell’altro, per raggiungere una bomboletta spray posta all’interno di un cartello che riporta la scritta «I graffiti sono un crimine». Stando alle cronache recenti il murales sarebbe stato danneggiato dopo appena un giorno e ricoperto con una mano di vernice bianca e la scritta «Sweaty palms made me lose the love of my life».

banksy_nyLa seconda opera è invece comparsa su una serranda nel Westside ed altro non è che una frase: «This is my New York accent» che rimanda al carattere di scrittura che contraddistingue la maggior parte dei graffiti sparsi sui muri delle città, non soltanto di quelle americane. A completamento dell’opera un’altra frase «… normally I write like this», scritta con un font decisamente più asciutto, composto ed elegante. Insomma, un lavoro irriverente in puro stile Banksy.

banksy_ny2Il “percorso espositivo” dell’artista britannico prosegue a Midtown dove in data 3 ottobre è stato realizzato l’ultimo – solo per il momento – lavoro che raffigura un cane con la zampa posteriore alzata, intento ad espletare i propri bisogni contro un idrante. Il tocco di genio di Banksy sta principalmente nel pensiero attribuito all’idrante circa il suo (istantaneo) rapporto di “completezza” con l’animale.

Fortunatamente ottobre è appena cominciato e ci sarà quasi un mese di tempo per seguire l’ambizioso progetto di Banksy per le strade di New York ed assistere ad altri capolavori unici. Impossibile non appassionarsi.

Gabriele Rossetti

“Transformers”, ritratti di musicisti rivoluzionari in mostra alle OGR di Torino

transformersRaccontare attraverso le immagini la forza di trasformazione di ventisei artisti che hanno scritto la storia della musica nella seconda metà del Novecento. Musicisti rivoluzionari che grazie alla loro personalità e al loro carisma hanno saputo conquistare palcoscenici e opinione pubblica cambiando il panorama musicale e non solo. A loro è dedicata la mostra “Transformers. Ritratti di musicisti rivoluzionari” che ha aperto i battenti sabato 28 settembre presso i Cantieri OGR (Officine Grandi Riparazioni) di Torino. Non una semplice mostra, quella organizzata dalla Società Consortile OGR-CRT e curata dal cronista musicale Alberto Campo, ma un vero e proprio “viaggio emotivo” all’interno della storia della musica. L’esposizione è ovviamente incentrata sul tema della trasformazione e non a caso è stata scelta come sede un luogo di trasformazione per antonomasia come i Cantieri OGR, simbolo della Torino postindustriale, oggi centro di sperimentazione e produzione delle discipline contemporanee ma un tempo fabbrica nella quale venivano costruiti e riparati i treni.

Il percorso espositivo è composto da settantotto fotografie (concesse da Getty Images) che ritraggono la vita pubblica e privata di ventisei artisti unici: da Elvis Presley a David Bowie, da Jimi Hendrix ai Doors, da Madonna a Bob Dylan, dai Radiohead ai Daft Punk. Il viaggio della mostra parte dagli anni Cinquanta, con l’avvento della “società di massa”, lasciando che siano le fotografie e le icone immortalate a raccontare il preciso momento storico nel quale si sono affermate. Dagli albori della pop music si passa alla canzone di protesta, alla British Invasion, al riscatto afroamericano e all’epopea degli hippies, senza tralasciare il rock teatrale, il punk, la world music, la rivoluzione elettronica, l’hip hop, la stagione della videomusica, il grunge e la techno, sino ad arrivare ai giorni nostri con la forte influenza del web e delle tecnologie digitali.

Le fotografie principali della mostra ritraggono gli artisti durante gli eventi live ed ogni immagine è corredata da una didascalia e da un apparato fotografico complementare che punta a svelare una dimensione confidenziale del personaggio. L’intento del curatore Alberto Campo è infatti di mostrare gli artisti «sotto due luci differenti»: quella pubblica, ovvero sul palco, nel bel mezzo di una performance, e quella privata, più intima, atta a svelare il lato umano e familiare di ogni protagonista rappresentato.

Gabriele Rossetti

“Il volto del ‘900”, in mostra a Milano i ritratti più celebri del XX secolo

ritratto di dedie Rivivere il XX secolo attraverso i capolavori di artisti dell’epoca che si sono cimentati con il tema della raffigurazione umana, soffermandosi, ognuno con il proprio stile inconfondibile, principalmente sullo studio del viso. Si presenta così “Il volto del ‘900. Da Matisse a Bacon. Capolavori dal centre Pompidou“, l’esposizione allestita a Palazzo Reale di Milano fino al 9 febbraio 2014. La mostra propone oltre ottanta lavori – tra ritratti, autoritratti e sculture – di altrettanti artisti celebri quali Modigliani, Matisse, Bonnard, Picasso e Bacon; opere d’arte mai esposte in Italia perché custodite al Musée National d’Art Moderne Centre Pompidou di Parigi da cui proviene lo stesso curatore della mostra, Jean-Michel Bouhours. «Volevo mostrare le principali tematiche storico-filosofiche sulla rappresentazione del volto nel XX secolo – ha commentato Bouhours presentando la mostra -. Una rappresentazione che è antica come l’arte che mirava, in fondo, a dare un aspetto all’assenza».

Attraverso i capolavori esposti, la mostra intende rappresentare il mutamento negli stili e nei caratteri della ritrattistica avvenuto nel corso del Novecento di pari passo con i continui cambiamenti della società. L’esposizione è divisa in cinque sezioni: si comincia con “Il mistero dell’anima” che presenta opere dalla forte valenza psicologica dando molto risalto alla figura femminile di inizio secolo. Il percorso prosegue con la sezione “Autoritratti”, nella quale emerge in maniera netta la differenza di stili tra i vari artisti (si passa infatti da Magritte a Severini, da Villon a Bacon). Un elemento ben visibile anche nel terzo spazio espositivo intitolato “Faccia e forme” dove, oltre ai dipinti, la figura umana scomposta è rappresentata dai capolavori scultorei di Lipchitz e Mirò. “Caos e disordine” è il penultimo step del percorso, dedicato all’imperfezione della figura umana, ben rappresentata nei lavori di Bacon e Giacometti. La visita si conclude con “Il ritratto dipinto dopo la fotografia”, quinta ed ultima sezione che presenta immagini ad altissimo impatto espressivo.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Sin dall’antico Egitto il ritratto ha avuto una funzione fondamentale per l’umanità che però ha cessato di esistere quasi totalmente con l’avvento della fotografia. E proprio a seguito di quella eccezionale innovazione gli artisti hanno dovuto esternarsi dalla realtà e provare a “guardare oltre”, costretti ad inventarsi nuovi metodi di rappresentazione, non soltanto della figura umana, con l’obiettivo di fermare il tempo. Perché come dice il curatore della mostra, Jean-Michel Bouhours, «il ritratto è il contrario del tempo, è un tentativo di congiurare contro il tempo».

Gabriele Rossetti

“Tous mécènes!”, colletta online per restaurare la Nike di Samotracia

nike di samotraciaSe avete in programma un viaggio a Parigi con annessa – e immancabile – visita al Louvre, forse sarebbe meglio rimandare fino a maggio. Prima di allora, infatti, i visitatori del museo più famoso del mondo non potranno ammirare uno dei capolavori maggiormente apprezzati. Stiamo parlando della Nike di Samotracia, una delle tre meraviglie esposte nel museo parigino, insieme alla Gioconda e alla Venere di Milo, che lascerà temporaneamente la sua collocazione in cima allo scalone Daru per sottoporsi a lavori di restauro. Un restauro non urgente ma opportuno, fanno sapere dal museo, in grado di ridare «splendore» alla statua che nel corso degli anni si è notevolmente scurita.

Da tempo i responsabili del Louvre pensavano di restaurare l’opera affinché venisse conservata e preservata al meglio e pare che finalmente abbiano trovato il momento giusto, nonostante il periodo storico non consenta una immediata reperibilità di fondi. Il costo complessivo del restauro si aggira infatti intorno ai 4 milioni di euro, tre dei quali verranno coperti da altrettanti sponsor (Nippon Television Holdings, fondazione Marc Ladreit de Lacharrière e Bank of America Merrill Lynch). Per recuperare il milione che manca il Louvre ha invece pensato di interpellare gli amanti dell’arte, affidandosi al loro buon cuore. In che modo? Dando vita ad una sorta di colletta online intitolata “Tous mécènes!”, attraverso la quale chiunque potrà offrire il proprio contributo donando la cifra che ritiene più consona. Per aiutare gli organizzatori a raggiungere l’obiettivo è necessario collegarsi al sito internet dell’iniziativa e seguire le istruzioni. Chiedere aiuto alle persone comuni attraverso una sottoscrizione è una formula già sperimentata in passato dal Louvre che ha sempre portato i frutti sperati. Ecco perché anche in questa occasione il museo appare fiducioso.

Ogni martedì (giorno di chiusura del museo) per cinque settimane la Nike di Samotracia verrà smontata pezzo per pezzo e imballata prima di venire trasferita nella sala dei Sette camini dove verrà restaurata sotto la attenta supervisione di una Commissione internazionale. Nel frattempo anche la scalinata che collega la Galerie d’Apollon e il Salon Carré, dai cui gradini passano ogni giorno migliaia di persone, subirà un accurato restyling in vista di maggio, quando farà ritorno la vera attrazione.

Conosciuta anche come Vittoria di Samotracia, la scultura è realizzata in marmo pario (bianco, pregiato, proveniente dall’isola di Paros in Grecia) e venne ritrovata proprio nei pressi di Samotracia nel 1863 senza testa né braccia. L’autore dell’opera è sconosciuto anche se è stata più volte attribuita a Pitocrito. Risalente al 200 a.C., la Nike (dea della vittoria, in greco) è uno dei simboli dell’epoca ellenistica e rappresenta una giovane dea alata che porta l’annuncio delle vittorie militari. A lavori ultimati, quando si ripresenterà, sarà possibile ammirarne nuovamente tutto il suo antico splendore.

Gabriele Rossetti

Pisa, il murale “Tuttomondo” di Keith Haring ottiene il vincolo della Soprintendenza: vivrà per sempre

tuttomondoLa voce era circolata da parecchio tempo e si attendeva solamente l’ufficialità, ma ora che è arrivata gli appassionati di arte possono finalmente tirare un sospiro di sollievo. Il murale Tuttomondo, realizzato a Pisa nel 1989 da Keith Haring, ha ottenuto il vincolo della Soprintendenza ed è stato dichiarato di “interesse storico-artistico particolarmente importante”. Attraverso il decreto 335/2013 il ministero dei Beni culturali ha così formalmente inserito l’opera, l’unica realizzata da Haring presente sul territorio italiano, tra i monumenti sottoposti a tutela. Il vincolo della Soprintendenza sta a significare che il capolavoro realizzato sulla parete esterna della chiesa di Sant’Antonio Abate vivrà per sempre e che una volta tanto – in termini di cultura – le istituzioni italiane hanno saputo dare il giusto riconoscimento a quello che va considerato a tutti gli effetti un patrimonio.

La decisione del ministero dei beni Culturali è stata presa in netto anticipo rispetto al consueto iter che prevede l’applicazione del vincolo al normale decorso dei 50 anni della realizzazione dell’opera e che solitamente viene applicato ai lavori degli artisti riconosciuti di chiara fama.

tuttomondo keith haringIl governo italiano ha così reso omaggio al grande genio artistico di Keith Haring che definì Pisa «un paradiso» e pensò l’opera proprio nella speranza che rimanesse permanente. Realizzato un anno prima della sua morte, Tuttomondo è considerato il testamento spirituale ed è l’ultima opera pubblica dell’artista newyorkese. Per la sua realizzazione sono state utilizzate tempere acriliche su una superficie di 180 metri quadrati ed il grande dipinto ritrae 30 figure, concatenate tra loro nel tipico stile inconfondibile di Haring, che vogliono simboleggiare la pace e l’armonia del mondo. Da poco restaurata per conservarla in maniera idonea e per rallentarne il processo di invecchiamento, l’opera è una delle rarissime (tra quelle contemporanee) ad essere vincolate dalla Soprintendenza per i beni artistici.

Gabriele Rossetti

Roy Lichtenstein colora Parigi: restrospettiva al Centre Pompidou

Roy Lichtenstein - Ohhh… Alright…, 1964, © Estate of Roy Lichtenstein L’estate di Parigi si preannuncia più che mai colorata grazie alle opere sensazionali di Roy Lichtenstein, uno dei massimi esponenti della Pop Art, in esposizione fino al 4 novembre prossimo presso le sale del Centre Pompidou. Dopo Chicago, Washington e Londra, la grande retrospettiva sull’artista statunitense, principalmente noto per le sue tavole che riprendono lo stile dei fumetti, sbarca dunque nella capitale francese per fornire ai visitatori una panoramica completa sul lavoro che ha consacrato Lichtenstein nell’olimpo dell’arte mondiale. Dalle opere più note a quelle rimaste all’oscuro del grande pubblico, la mostra ripercorre la carriera dell’artista newyorkese esponendo circa un centinaio di capolavori: i fumetti dei primi anni ’60, certo, ma anche sculture, ceramiche, quadri e stampe.

«Cercare una nuova prospettiva su questa figura emblematica della Pop Art americana, andando “oltre il Pop” per rivalutare Lichtenstein come uno dei primi pittori postmoderni». A detta degli organizzatori l’esposizione parigina è principalmente basata su questo auspicio, vale a dire cercare di far emergere a tutti gli effetti la vena creativa ed eclettica di Lichtenstein che, nel corso della carriera, si è confrontato anche con i generi più tradizionali della pittura (ad esempio, nudi, paesaggi e nature morte).

Questo slideshow richiede JavaScript.

L’esposizione del Centre Pompidou attraversa in maniera cronologica le diverse fasi della vita dell’artista. Organizzata in collaborazione con l’Art Institute di Chicago e la Tate di Londra la mostra è curata da Camille Morineau che di Lichtenstein ha detto: «Ciò che rende la forza della sua arte, è anche la distanza divertita e critica che, senza diventare cinico, ha tenuto tra se stesso e l’arte, dagli inizi fino alla fine della sua vita…». Nato a New York nel 1923, Roy Lichtenstein non amava particolarmente la celebrità e le luci della ribalta. Preferiva di gran lunga esprimersi attraverso la sua arte – sempre al passo con i tempi – che ha generato icone mai banali, ricche di significato e humor. Oltre che coloratissime.

Gabriele Rossetti

Björk, Sigur Rós e gli altri artisti della scena musicale islandese in mostra alla Ono Arte di Bologna

bjork mostra bolognaTerra del ghiaccio, terra isolata, terra desolata; terra che sprigiona arte a 360 gradi, in ogni sua forma. Sarà anche il paese europeo meno popolato ma l’Islanda è sicuramente una fucina di talenti, principalmente in campo musicale. E proprio alla scena musicale islandese è dedicata l’esposizione della Ono Arte Contemporanea di Bologna che dal 27 giugno al 19 settembre 2013 propone 50 fotografie e una serie di proiezioni di videoclip. Protagonisti della mostra sono i maggiori interpreti musicali del Paese a cominciare dalla piccola grande Björk, artista a tutto tondo e vera icona nazionale. Non a caso la musicista, compositrice, cantante, attrice e modella è citata nel titolo della mostra – Björk. Violently Happy in Iceland – composta dagli scatti, inediti per l’Italia, di Hörður Sveinsson, Renaud Monfourny e Photosythesis i quali hanno immortalato il meglio della creatività islandese a livello musicale. Band come Sigur Ròs, Mùm, Matmos e Of Monsters and Men, sono infatti ormai conosciute anche oltreconfine.

Il movimento musicale islandese deve – inevitabilmente – il suo successo a quello dell’artista di maggior spicco. Nata e cresciuta a Reykjavík, Björk incide il suo primo album all’età di dodici anni e non si fermerà più, facendo della sperimentazione uno dei suoi punti di forza. La carriera decolla grazie all’interesse riscosso con i Sugarcubes, band dalla quale Björk si separa nel 1992 per iniziare a camminare da sola. La passione per le sonorità elettroniche la portano a trasferirsi a Londra, città dalla quale spiccherà letteralmente il volo affermandosi sulla scena internazionale. Björk si dimostra artista poliedrica e nel 2000 trova la consacrazione anche al cinema al fianco di Lars Von Trier che la vuole come protagonista di Dancer in the dark, film vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes per il quale cura anche la colonna sonora.

Le indiscusse qualità portano Björk ad instaurare rapporti e numerose collaborazioni con altri artisti che in qualche modo la aiutano anche a sviluppare un discreto fiuto nella ricerca di nuovi talenti da lanciare sul mercato. È il caso dei Sigur Rós, scoperti proprio da Björk con cui condividono non soltanto la terra d’origine ma anche sonorità e cura maniacale dei dettagli. L’esposizione bolognese è dedicata alle loro carriere e, più in generale, all’espressione artistica dell’Islanda. Terra che sprigiona arte a 360 gradi.

Gabriele Rossetti

Art Everywhere, opere d’arte sui cartelloni pubblicitari della Gran Bretagna

Lucian Freud, Man’s Head (Self Portrait I), 1963, Whitworth Art GalleryL’arte accessibile a tutti e visibile passeggiando liberamente per… le strade della Gran Bretagna. È il progetto Art Everywhere attraverso il quale il Regno Unito punta a diventare la più grande galleria d’arte pubblica al mondo. L’iniziativa benefica è promossa da Innocent Drinks in collaborazione con Tate Modern ed Art Fund e coinvolge tutta la popolazione che potrà scegliere ed esprimere le proprie preferenze circa gli artisti e le opere che vorrà vedere esposte lungo le vie di tutta la nazione. Più precisamente sui cartelloni pubblicitari sparsi per il territorio britannico. Dal 10 al 25 agosto le strade della Gran Bretagna prenderanno le sembianze di un immenso museo a cielo aperto nelle quali si potranno ammirare vere e proprie opere artistiche al posto delle comuni pubblicità.

«Portare immagini come queste sulle nostre strade servirà a stimolare il dibattito sull’identità inglese, e sulle caratteristiche e le qualità della British Art», ha commentato Nicholas Serota, direttore della Tate Modern. Un dibattito che si aprirà già con la scelta – attraverso una votazione online – delle opere da riprodurre sui cartelloni pubblicitari. Il popolo britannico sarà infatti il vero curatore della “mostra” e a partire dal 24 giugno potrà esprimere le preferenze su una gamma di 100 nomi e 50 opere. Unica discriminante: la scelta, che sarà circoscritta alla sola arte inglese.

Saranno invece circa quindicimila i punti nei quali verranno affisse le opere  le cui stampe saranno finanziate dal pubblico attraverso un processo di crowdfunding disponibile sul sito del progetto. «L’arte è per tutti – ha sottolineato Damien Hirst, tra gli artisti che sostengono l’iniziativa – e tutti coloro che hanno accesso ad essa ne trarranno beneficio».

Attraverso questo progetto gli organizzatori si pongono come obiettivo di avvicinare sempre più gente all’arte e alla cultura, offrendo un ulteriore stimolo per spostarsi dalle strade all’interno delle gallerie o dei musei.

Gabriele Rossetti

“Slave Labour”, il murales di Banksy venduto all’asta a Londra

slave labour banskyUn bambino scalzo, inginocchiato e intento a cucire a macchina una serie di Union Jack, la bandiera della Gran Bretagna. È questa una tra le opere più famose di Banksy. Il murales realizzato da uno dei maggiori esponenti della street art è stato venduto all’asta a Londra per 750mila sterline (circa 1 milione di euro).

L’opera è stata messa sul mercato da una società di servizi per vip, la Sincura Group, dopo che già negli scorsi mesi un’altra asta era stata sospesa a Miami in seguito alle forti proteste dei residenti del quartiere in cui il murales era stato realizzato. Fece infatti la sua comparsa sulla parete di un discount a Wood Green, Londra nord, nel maggio del 2012, poco prima delle celebrazioni del Giubileo di Diamante della Regina Elisabetta II, salvo poi venire rimossa dal muro nel febbraio scorso per essere messa all’asta negli Stati Uniti.

Il graffito intitolato “Slave Labour” rappresenta una critica verso lo sfruttamento del lavoro minorile e vuole simboleggiare tutti i bambini schiavi del mondo. Come ogni altro lavoro dell’artista originario di Bristol è divenuto celebre in poco tempo al punto da richiamare numerosi turisti, indirizzati verso l’opera grazie anche all’installazione di cartelli stradali posizionati all’uscita della metropolitana. Proprio la possibile perdita del murales e dei suoi visitatori ha alimentato le polemiche di residenti e politici locali che adesso si augurano che il compratore – del quale non è stata rivelata l’identità – voglia restituire al quartiere il dono di Banksy. Difficile che ciò avvenga anche perché pare che l’acquirente sia un collezionista americano.

Attribuito a Banksy, in realtà “Slave Labour” non è mai stato autenticato ma gli esperti sono certi che sia stato realizzato dall’artista, che nel 2008 ha introdotto un servizio di autenticazione delle sue opere (denominato Pest control) al fine di regolamentare il mercato dei suoi lavori.

Gabriele Rossetti

(Foto: © Peter Macdiarmid, Getty Images)

Pinterest dà il via libera alle foto di nudo, purché siano artistiche

pinterest logoMentre la maggior parte dei social network si appresta a definire nuove strategie per limitare la diffusione di contenuti che possano risultare offensivi, ce n’è uno che naviga in controtendenza ed è pronto a dare il via libera alle fotografie senza veli. Nudo sì, purché si tratti di foto artistiche. Questa la nuova “linea editoriale” di Pinterest, piattaforma digitale dedicata alla condivisione di immagini e video che cede così alle pressioni di artisti e fotografi professionisti. Una piccola rivoluzione che – siamo certi – verrà ben accolta anche dai milioni di utenti sparsi in tutto il mondo che dal 2010, anno di fondazione, contribuiscono quotidianamente al successo del social network.

«Siamo nati per consentire di esprimere le passioni – si giustifica l’azienda -. La gente è appassionata d’arte, inclusi i nudi». Fondato da Ben Silbermann, Paul Sciarra e Evan Sharp, il nome Pinterest deriva dall’unione delle parole inglesi pin (appendere) e interest (interesse) e permette agli utenti registrati di creare bacheche virtuali attraverso le quali gestire e raccogliere immagini in base ai gusti personali o temi predefiniti.

L’apertura al nudo avviene proprio mentre Facebook introduce regole più severe per migliorare la sua policy di moderazione online in seguito alle lamentele di numerose aziende alle quali non andava giù di veder accostato il proprio nome, con tanto di pubblicità (a pagamento), a messaggi o immagini offensive. Il discorso sembra invece essere differente per Pinterest che fino ad ora non consentiva in nessun modo la pubblicazione di foto senza veli, neanche relative ad un nudo parziale. Ciò vuol però dire che sulla piattaforma non potevano circolare nemmeno fotografie di opere d’arte come, per esempio, la Maja desnuda di Goya, la Venere di Milo o il David di Michelangelo.

Un distinguo, in tal senso, andava forse fatto molto tempo prima ma tant’è. Resta da capire quale sarà il criterio attraverso cui una fotografia verrà giudicata come più o meno artistica.

Gabriele Rossetti

“La Notte dei Musei”, torna in tutta Italia l’iniziativa culturale gratuita

notte dei musei 2013Sabato 18 maggio 2013. Una data importante per gli appassionati di cultura, una di quelle da cerchiare sul calendario. In tutta Italia torna infatti “La Notte dei Musei“, iniziativa di respiro europeo organizzata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali che per una notte apre al pubblico, in via del tutto eccezionale e gratuita, le porte di innumerevoli musei (statali, civici e privati) ed aree archeologiche. L’evento nato in Francia non poteva che prendere piede anche nel Bel Paese dove, dal Piemonte alla Sicilia e dalla Sardegna alla Toscana, dalle 20.00 alle 24.00 sarà possibile visitare musei, palazzi, gallerie, biblioteche ed edifici pubblici ammirando le bellezze del patrimonio artistico italiano.

Tantissime le città coinvolte e con esse i luoghi d’arte più prestigiosi, alcuni dei quali hanno anche arricchito la propria proposta culturale organizzando – per l’occasione – concerti, mostre tematiche, degustazioni e percorsi guidati. Come detto la manifestazione nasce in Francia e coinvolge contemporaneamente circa 30 paesi europei. L’Italia vi partecipa dal 2005 e si appresta a vivere la sua quinta edizione dopo un anno di sospensione forzata a causa dell’attentato avvenuto lo scorso maggio nell’istituto professione “Morvillo-Falcone” di Brindisi.

Sul sito del MiBAC è possibile consultare il ricchissimo programma suddiviso per regione e scoprire le iniziative che ogni singola città ha in serbo per i propri visitatori. Con “La Notte dei Musei” non si vuole solamente coinvolgere un pubblico ampio in un orario decisamente insolito, ma anche offrire una diversa fruizione dell’arte a chi – per vari motivi – è spesso distante dalla cultura. La manifestazione è soprattutto rivolta ai più giovani, affinché si avvicinino sempre più a una delle poche risorse rimaste in Italia.

Gabriele Rossetti

Vita e morte a Pompei ed Ercolano, la mostra del British Museum

Wall painting of the baker Terentius Neo and his wifeSepolte da una catastrofica eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. capace di distruggerle completamente nel giro di 24 ore, Pompei ed Ercolano tornano a rivivere fuori dai confini nazionali dove l’interesse verso l’arte e la cultura dell’epoca romana continua ad essere forte e ad affascinare. Life and death in Pompeii and Herculaneum è l’omaggio di Londra a due delle più fiorenti città romane della costa campana. Dal 28 e fino al 29 settembre 2013 presso il British Musuem sono esposti oltre 250 reperti – la maggior parte dei quali concessi in prestito dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei – frutto delle ricerche archeologiche effettuate quasi 1.700 anni dopo la tragedia. La terribile pioggia di cenere e lapilli fuoriuscita dal vulcano non lasciò scampo alla popolazione, annientando completamente la vita nelle due città.

L’obiettivo dell’esposizione londinese è proprio mostrare un assaggio della vita quotidiana del tempo raccontando attraverso gli oggetti rinvenuti come vivevano i normali cittadini di Pompei ed Ercolano prima dell’eruzione. Usi, costumi e occupazioni della civiltà romana vengono raccontati privilegiando soprattutto il contesto domestico con un occhio di riguardo verso la figura della donna. I reperti emersi dagli scavi archeologici sono frutto della differente collocazione delle due città, le cui diverse posizioni geografiche hanno determinato la conservazione dei materiali sotto la sepoltura. Da un lato Pompei ci ha restituito meravigliosi affreschi, mosaici, statue e calchi dei corpi delle vittime, mentre dall’altra ad Ercolano sono stati preservati parti strutturali di edifici, bassorilievi finemente scolpiti in marmo e pannelli in avorio intagliato in legno.

Per la prima volta nella storia molti dei tesori ritrovati e custoditi lasciano l’Italia per essere ospitati in un altro contesto artistico che sarà sicuramente in grado di apprezzarli e valorizzarli più di quanto non sia stato fatto nel nostro Paese. La recente denuncia del New York Times sul declino di Pompei e questa mostra organizzata dal British Musuem non fanno che confermare ulteriormente quanto sia ricco, importante e appetibile il nostro patrimonio artistico e culturale, del quale troppo spesso ci si dimentica.

Gabriele Rossetti

Italia ultima nella classifica europea per le spese destinate alla cultura

colosseoMentre l’Italia affonda letteralmente a causa della inefficienza di una classe politica non soltanto incapace di formare un governo ma anche di eleggere un Presidente della Repubblica, dall’Europa giungono dati statistici che fanno rabbrividire. Secondo uno studio pubblicato da Eurostat l’Italia figura infatti all’ultimo posto nella classifica degli Stati appartenenti all’Unione europea per le spese destinate alla cultura. Ebbene sì, il Paese con il più alto numero di beni artistici del mondo [fonte Unesco] spende appena l’1,1% del suo Prodotto interno lordo – ampiamente al di sotto della media europea, ferma al 2,2% – per il sostentamento del proprio patrimonio culturale. Meno di Estonia e Lettonia (rispettivamente al secondo e terzo posto della classifica) che con tutto il rispetto possono solamente immaginare cosa voglia dire possedere una così alta concentrazione di monumenti, capolavori e beni presenti in un singolo territorio.

Una tragedia ampiamente annunciata che dimostra come l’Italia non sappia sfruttare le risorse a propria disposizione. Chiunque al nostro posto riuscirebbe a trarre giovamento da un simile patrimonio artistico e culturale, rendendolo un volano per lo sviluppo turistico ed economico. Sembra invece che la Pubblica Amministrazione consideri i beni culturali quasi come un “intralcio”, nonostante l’indotto frutti ogni anno circa il 5% della ricchezza totale del Paese dando lavoro a più di 1,5 milioni di persone. Un paradosso tutto italiano al quale nessuno saprà mai dare una spiegazione. Giusto per capirne la gravità basti pensare che – come emerso dalle stime diffuse dal Sipri e dal Fondo monetario internazionale – l’Italia preferisce spendere di più (1,7%) per le armi.

spesa pubblicaIl rapporto dell’istituto europeo di statistica non si esaurisce, però, con le spese dei 27 Stati dell’Ue destinate alla cultura ma analizza anche gli investimenti effettuati da ogni singolo Paese per l’istruzione, ovvero per il futuro. Un disastro anche lì, dove con l’8,5% del proprio Pil – a fronte di una media europea del 10,9% – l’Italia si posiziona al penultimo posto della classifica, appena un gradino sopra la sempre più disastrata Grecia. Dando un’occhiata ad entrambe le classifiche c’è però un altro dato che desta perplessità e riguarda la situazione della Germania. Seppur ampiamente sopra di noi in quanto a investimenti, la quarta potenza economica mondiale, tanto decantata come modello da seguire per uscire dalla crisi economica, figura anch’essa nelle ultime posizioni a livello europeo, dando l’impressione di essere poco incline alla destinazione di denaro pubblico per cultura e scuola.

dati diffusi da Eurostat fanno riferimento al 2011 ma viene difficile ipotizzare che negli ultimi due anni l’Italia abbia saputo invertire il trend. L’unica consolazione è che peggio di così non si possa certo fare. O forse sì?

Gabriele Rossetti

Keith Haring in mostra a Parigi: la “linea politica” di un visionario

-Può piacere o meno, di certo il lavoro di Keith Haring non può proprio passare inosservato. Un artista immenso, un autentico visionario che a ventitré anni dalla sua scomparsa è ancora apprezzato in tutto il mondo. E proprio in questi giorni viene celebrato a Parigi con una retrospettiva curata in ogni minimo dettaglio che mette in evidenza la natura politica e sociale espressa nel lavoro dell’artista americano. “The political line” è il titolo della mostra, in esposizione dal 19 aprile al 18 agosto 2013 nella cornice di due location distinte della capitale francese: il Museo d’arte moderna e il Centro culturale internazionale “CentQuatre”. Due ampi spazi nei quali verranno ospitate circa 250 opere di uno degli esponenti più attivi e singolari della pop art e della street art.

Dipinti, sculture, t-shirt, disegni e graffiti che riempivano gli spazi della metropolitana newyorkese; questo e molto altro attende i visitatori della mostra che, come detto, è incentrata sulla linea politica di Haring il quale attraverso la sua arte ha provato – ed in parte è anche riuscito – ad influenzare l’opinione pubblica. I suoi capolavori fanno parte della storia dell’arte moderna così come le sue battaglie contro razzismo, omofobia, emancipazione, droga e AIDS (che gli costò la vita), lo hanno reso una vera e propria icona nella difesa dei diritti umani.

La mostra ripercorre le tappe del lavoro artistico di Haring e raccoglie tanto le prime opere in bianco e nero quanto quelle dai colori più vivaci, divenute un culto negli anni Ottanta e ampiamente riconoscibili anche da occhi poco esperti. Nonostante la prematura scomparsa, in poco più di dieci anni di attività Keith Haring ha saputo dare un segno indelebile ai suoi lavori. Uno stile unico e inimitabile che gli ha consentito di entrare – di diritto – nel novero dei grandi artisti del XX secolo.

Gabriele Rossetti

 

Louxor, il cinema più antico di Parigi riapre dopo 25 anni di abbandono

LE LOUXORDopo venticinque anni di abbandono Parigi, capitale del cinema, si riconcilia con uno dei simboli del suo ricco patrimonio artistico e culturale. Stiamo parlando del Cinema Louxor, gioiello architettonico dell’Art déco, costruito nei primi anni ’20 in stile neo-egizio, che torna a (ri)vivere dopo un restauro che lo ha riportato al suo antico splendore. La sala cinematografica più vecchia della capitale francese, situata nel quartiere multietnico di Barbes, ai piedi della collina di Montmartre, nel 1982 aveva cessato la sua originaria funzione ed era stata trasformata in un locale notturno prima di venire chiusa definitivamente – e abbandonata al proprio destino – cinque anni dopo.

Dopo averne acquisito la proprietà da un privato, nel 2010 il Comune ha dato il via ai lavori per garantire la resurrezione del Louxor. Lavori costati complessivamente 25 milioni di euro e terminati in tempo per l’inaugurazione del cinema che oggi, alla presenza del sindaco di Parigi Bertrand Delanoe, riapre al pubblico con tre sale simili a quelle originali, un bar e una terrazza con vista sulla Basilica del Sacro Cuore. Rispetto ai cinema di ultima generazione il Louxor sarà però un multisala sui generis con un programma di carta all’antica, senza alcuna pubblicità prima della proiezione dei film e soprattutto senza la vendita di pop-corn.

Il restauro del Louxor è solo un primo passo effettuato dalla città di Parigi che per rilanciare lo sviluppo economico attraverso le sue bellezze artistiche sta pensando di riportare in vita altre quattordici sale cinematografiche d’antan le quali, come scrive Le Figaro, verranno rimesse a nuovo entro il prossimo anno.

Restituire ai cittadini uno spazio leggendario come il Cinema Louxor equivale non soltanto a migliorare l’immagine del quartiere ma anche ad arricchire notevolmente l’offerta culturale di Parigi.

Gabriele Rossetti

Exhibition: la grande arte al cinema, ciclo di serate-eventi da vedere comodamente seduti in poltrona

Exhibition_LOCEventi culturali di alto livello accessibili a chiunque, stando comodamente seduti in poltrona nei cinema di tutto il mondo. L’ultima frontiera di fruizione di ogni forma artistica è arrivata anche in Italia dove, da qualche tempo, il colosso della produzione e distribuzione Nexo Digital ha portato nelle sale cinematografiche spettacoli di ogni genere adattati al grande schermo, rendendoli disponibili ad un pubblico sempre più ampio e variegato. L’ultima iniziativa della società di produzione prende il nome di “Exhibition: la grande arte al cinema” e consiste in un ciclo di eventi unici che porterà gli spettatori alla scoperta del lavoro di grandi pittori del passato.

Il primo appuntamento è in programma giovedì 11 aprile quando nelle sale aderenti all’iniziativa verrà proiettato un documento esclusivo dedicato a Édouard Manet. “Manet: ritratti di vita”, il titolo del documentario, ovvero una sorta di tour virtuale attraverso le opere del pittore francese esposte alla Royal Academy of Arts di Londra. Ad uno storico dell’arte e ai curatori della mostra – che raccoglie più di 50 volti tra cui quello della moglie e di alcuni amici luminari – il compito di raccontare al pubblico i quadri e la vita del pittore, il tutto accompagnato sulle note di Chopin e Schumann.

Il calendario degli eventi di “Exhibition: la grande arte al cinema” proseguirà il 27 giugno con una mostra dal Museo Nazionale di Oslo dedicata al pittore norvegese Edvard Munch, dal titolo “Munch 150”, e si concluderà il 10 ottobre prossimo con la serata-evento intitolata “Vermeer e la musica: l’arte dell’amore e del piacere” che porterà sul grande schermo la mostra dell’artista olandese esposta alla National Gallery di Londra.

Portare l’arte al cinema è ormai diventata una consuetudine: concerti, balletti e mostre hanno fatto registrare un numero impressionante di spettatori in tutto il mondo, oltre ogni aspettativa. L’ultima sorpresa – in termini di pubblico pagante – è stata la mostra “Leonardo Live”, esposizione della National Gallery di Londra portata in più di 1.000 sale cinematografiche del mondo.

Gabriele Rossetti