Coca-Cola “fai da te”, la rivoluzione delle bollicine passa dalle capsule

Coca_ColaCome reagireste se vi dicessero che presto potreste preparare una Coca-Cola comodamente a casa vostra? Purtroppo no, non siamo in grado di rivelare l’ingrediente segreto della bibita più famosa al mondo, ma possiamo dire con certezza che presto sarà possibile bere una Coca-Cola in capsule. Avendo acquisito il 10% di Green Mountain Coffee Roasters, azienda produttrice di caffè in cialde, per 1,25 miliardi di dollari, il colosso di Atlanta sta infatti per lanciare sul mercato un modo tutto inedito di consumare le bevande del gruppo Coca-Cola Company (che oltre alla versione classica della bibita comprende anche quella Diet ma anche Fanta e Sprite).

Le due aziende hanno stipulato un accordo di partnership di 10 anni che, a partire dal 2015, andrà a fare concorrenza alla SodaStream, società israeliana che produce un dispositivo per rendere gassata l’acqua e i vari prodotti che le danno il sapore di soda. «Possiamo fare per le bevande fredde quello che abbiamo fatto per il caffè e il te in casa – dice Brian Kelly, amministratore delegato di Green Mountain Coffee Roasters -. Riteniamo che sia una una significativa opportunità per accelerare la crescita della categoria delle bevande fredde».

Gli amanti di lattine e bottiglie probabilmente storceranno il naso, ma si rassegnino; la rivoluzione delle bollicine è ormai in atto e andrà a stravolgere il mercato dei soft drink così come già avvenuto nel recente passato per il caffè. «L’accordo – spiega l’ad di Coca-Cola, Muhtar Kent – rafforza il sistema di imbottigliamento ed è un’opportunità per allargare gli orizzonti». Le bevande in capsule arriveranno infatti non soltanto nelle case di milioni di persone, ma anche negli uffici e nei locali. Green Mountain Coffee Roasters è, attualmente, la maggiore catena per vendite di caffè in cialde e gli esperti prevedono che potrebbe avere sempre più un ruolo di primo piano nel mercato globale.

Gabriele Rossetti

Velvet Underground e Andy Warhol Foundation: accordo tra le parti

the velvet underground nicoAlla fine si è scelto di non scegliere. Si è concluso con un nulla di fatto il processo che vedeva contrapposti gli ex membri dei Velvet Underground e la Andy Warhol Foundation. Non è stata emessa alcuna sentenza dal momento che le parti hanno raggiunto un accordo di massima. Oggetto della causa, la famosissima banana disegnata dall’artista e regalata al gruppo che nel 1967 la utilizzò per la copertina dell’album di esordio: The Velvet Underground & Nico. Una delle copertine più famose della storia del rock, resa celebre proprio grazie all’inconfondibile tratto del re della Pop Art.

La causa nei confronti della Fondazione intitolata ad Andy Warhol ha inizio nel gennaio 2012 ed è intentata da Lou Reed e John Cale, storici membri della band i quali contestano all’ente – che si occupa di gestire e proteggere i lavori dell’artista – la commercializzazione dell’opera, riprodotta per la realizzazione di cover per iPhone e iPad. Nonostante il disegno di Warhol non sia protetto da copyright i due fondatori dei Velvet Underground chiedono la sospensione della diffusione e depositano una richiesta di ingiunzione presso la Corte Federale di Manhattan. Secondo Reed e Cale la banana è sinonimo di Velvet Underground e pertanto non può essere (ri)utilizzata nemmeno dalla fondazione che porta il nome dell’artista, scomparso nel 1987.

Il contenzioso tra le due parti si protrae a lungo in tribunale. La Fondazione esclude con fermezza l’accusa di violazione del copyright ritenendola inoltre infondata perché – oltretutto – la band non è più in attività da quarant’anni. Anche il giudice sembra in un primo momento accogliere questa linea difensiva fino al colpo di scena che coincide con la chiusura del caso risalente a pochi giorni fa, che vede le due parti mettersi d’accordo mediante un documento definito “confidenziale” (e chissà quanto denaro in ballo…), risparmiando così alla Corte Federale di New York la fatica di pronunciarsi per l’una o per l’altra.

Gabriele Rossetti