Altphabet, campagna internazionale per fermare il controllo sui media

altphabetAnche ilnotiziabile aderisce alla campagna internazionale Altphabet, promossa da European Citizens’ Initiative for Media Pluralism per fermare il controllo sui media.

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[N.B. Per decodificare l’articolo collegati al sito altphabet.org e incolla il testo nel traduttore]

Facebook compra WhatsApp, operazione da 19 miliardi di dollari

facebook_whatsappQuattro miliardi di dollari in contanti, dodici miliardi in azioni e altri 3 miliardi destinati – complessivamente – ai fondatori e agli impiegati. Totale: diciannove miliardi di dollari. A tanto ammonta l’operazione più costosa dell’era social, portata avanti da Facebook per acquisire niente meno che un colosso come WhatsApp. Sono stati gli stessi uomini di Mark Zuckerberg, attraverso le pagine del social network più famoso al mondo, ad annunciare l’operazione che andrà ad arricchire ulteriormente entrambe le parti coinvolte.

Fondata nel 2009 da Jan Koum e Brian Acton, WhatsApp ha rivoluzionato il sistema di comunicazione tra le persone; grazie ad un’interfaccia semplice e ad un costo bassissimo, l’applicazione è cresciuta a dismisura raggiungendo oltre 450 milioni di utenti attivi al mese. Inoltre è stato calcolato che nel 2013 sono stati inviati quotidianamente 200 milioni di messaggi vocali, 100 milioni di video messaggi e 600 milioni di foto. Numeri stratosferici di fronte ai quali Zuckerberg non è potuto rimanere indifferente. «WhatsApp è sulla strada per connettere un miliardo di persone – ha commentato Zuckerberg -. Un servizio che raggiunge tale pietra miliare ha un valore incredibile». L’acquisizione dell’applicazione di messaggistica mira quindi ad “accelerare il coinvolgimento degli utenti”, tra i quali vanno considerati anche quelli di Instagram e dello stesso Facebook che dopo dieci anni (da poco compiuti) hanno raggiunto la quota di un miliardo e duecentotrenta milioni.

«Siamo onorati di poter essere partner di Mark e Facebook mentre continuiamo a portare il nostro prodotto a un numero crescente di persone nel mondo» ha ribattuto Jan Koum, che entrerà a far parte del consiglio di amministratore dell’azienda di Zuckerberg. Stando alle cronache i contatti tra i due CEO sarebbe cominciati due anni fa e, dopo un lungo corteggiamento, solo nell’ultima settimana avrebbero siglato l’accordo definitivo per l’acquisizione. Nel comunicato che ha ufficializzato la notizia si legge inoltre che l’app, leader del mercato di messaggistica, “continuerà a esistere come realtà indipendente”.

Dopo aver messo le mani su Instagram nel 2012 (per cui vennero spesi “solo” 736 milioni di dollari) Mark Zuckerberg si assicura quindi un’altra startup di primo piano creando un enorme vuoto intorno a sé. Recentemente il numero uno di Facebook aveva provato a comprare anche Snapchat – segno che una delle politiche aziendali è di fare piazza pulita sul mercato portando a casa “prodotti” competitivi e quanto mai collaudati – ma l’operazione non era andata a buon fine a causa del rifiuto dei fondatori. Rifiuto impensabile per i creatori di WhatsApp, soprattutto di fronte a cifre da capogiro come queste.

Gabriele Rossetti 

Google Cultural Institute promuove il Made in Italy e i suoi casi di maggior successo

Google Cultural Institute Made in Italy

Scoprire i tesori nascosti, le passioni e le tradizioni del Made in Italy. Da oggi è possibile esplorare le eccellenze del nostro Paese grazie al più importante motore di ricerca del mondo che intende promuovere la cultura e diffondere il marchio di fabbrica italiano attraverso la piattaforma Google Cultural Institute dedicata, appunto, al Made in Italy.

Il progetto, realizzato in collaborazione con Unioncamere e il Ministero delle Politiche Agricole, prevede una serie di percorsi espositivi digitali che consentono ai “visitatori” di conoscere alcuni prodotti tipici della tradizione alimentare e artigianale italiana. Dal prosciutto San Daniele al vetro di Murano, dal Parmigiano Reggiano all’arte presepiale partenopea; tutto elencato in rigoroso ordine cronologico e corredato da foto, video, descrizioni e documenti storici. L’interfaccia grafica del portale si presenta semplice e chiara e permette di individuare sulla mappa dell’Italia a quale territorio fanno riferimento i vari prodotti promossi dall’iniziativa.

Il progetto del Google Cultural Institute dedicato al Made in Italy prevede inoltre una sezione a sé stante denominata “Casi di successo” che rimanda al sito eccellenzeindigitale.it e si rivolge direttamente alle imprese online. Il sito si divide a sua volta in due sezioni, “Competenze per il web” e “Supporto sul Territorio”; nella prima – realizzata insieme a Symbola e all’Università Ca’ Foscari di Venezia – vengono presentati gli strumenti per valorizzare le eccellenze italiane tramite il web e raggiungere livelli competitivi, mentre nella seconda viene raccontato l’apporto fornito da Google e Unioncamere per far emergere le imprese sul web e non solo.

Gabriele Rossetti

#coglioneNo, campagna di sensibilizzazione per il rispetto dei lavori creativi

coglionenoIdraulico, giardiniere, antennista. Tre mestieri che resistono nel tempo e che richiedono conoscenza, sacrificio, impegno e manodopera. Come tutti i lavori, del resto. Ma vi sognereste mai di non pagare il vostro idraulico, giardiniere o antennista dopo averlo chiamato per un lavoro? La risposta è quanto mai scontata. Questo, però, purtroppo non vale per tutti. Sono infatti tante, tantissime le figure professionali per le quali il loro lavoro sembra non avere prezzo, nel senso che non viene pagato.

La piaga del lavoro gratuito ha ormai preso fortemente piede nel nostro Paese e affligge soprattutto i giovani, “costretti” ad accettare stage non retribuiti o collaborazioni occasionali gratuite in cambio di «esperienza» o «visibilità». Almeno questo è ciò che pensano i (presunti) datori di lavoro. Le categorie professionali più colpite sono quelle che si occupano dei cosiddetti lavori creativi, che diventano categorie di serie b non appena bisogna riconoscerne il valore del lavoro svolto.

E proprio per dire basta alla «svalutazione di queste professionalità» è stata lanciata una campagna di sensibilizzazione per il rispetto dei lavori creativi. L’iniziativa si chiama #coglioneNo ed è stata realizzata dal collettivo ZERO, un gruppo di creativi che si dividono tra Roma e Londra che stanno spopolando sul web con una serie di video-denuncia carichi di ironia nei quali sono coinvolti – loro malgrado – un idraulico, un giardiniere e un antennista, ai quali viene chiaramente detto che per il loro lavoro (o meglio, progetto) «non c’è budget».

«#coglioneNo – scrivono sul proprio sito i ragazzi del collettivo – è la reazione di una generazione di creativi alle mail non lette, a quelle lette e non risposte e a quelle risposte da stronzi. È la reazione alla svalutazione di queste professionalità anche per colpa di chi accetta di fornire servizi creativi in cambio di visibilità o per inseguire uno status symbol».

E ancora: «È la reazione a offerte di lavoro gratis perché ci dobbiamo fare il portfolio, perché tanto siamo giovani, perché tanto non è un lavoro, è un divertimento».

Infine i creativi di ZERO tengono a precisare che vogliono «unire le voci dei tanti che se lo sentono dire ogni volta. Vogliamo ricordare a tutti che siamo giovani, siamo freelance, siamo creativi ma siamo lavoratori, mica coglioni».

Possibile dargli torto?

Gabriele Rossetti

Oltre alle foto c’è di più: Instagram lancia la funzione video

instagramFacebook fa sul serio e, nel tentativo di battere la concorrenza di Twitter, lancia una nuova sfida al suo più acerrimo competitor. L’ennesima. Dopo aver ufficializzato l’introduzione degli hashtag l’azienda di Menlo Park ha infatti annunciato una novità assoluta che riguarda Instagramuna delle applicazioni più utilizzate e scaricate per smartphone e tablet, acquisita proprio dal gruppo Facebook nell’aprile del 2012 per circa un miliardo di dollari. Scattare e modificare fotografie quadrate attraverso l’utilizzo di filtri artistici era l’unica funzione disponibile, ma da oggi gli utenti di tutto il mondo avranno anche la possibilità di girare dei video con le stesse modalità, scatenando così la propria fantasia da condividere con gli amici. Per l’occasione sono stati realizzati 13 nuovi filtri mentre l’unica limitazione consiste nella durata, che non potrà superare i 15 secondi di girato.

La nuova funzione di Instagram è stata presentata dal creatore di Facebook Marck Zuckerberg e da Kevin Systrom (co-fondatore dell’applicazione) ed è già disponibile per iPhone e smartphone che utilizzano il sistema operativo Android; non basta far altro che aggiornare l’applicazione. «Nel corso degli ultimi due anni e mezzo – ha detto Systrom -, Instagram è diventata una comunità in cui le persone possono condividere gli attimi più belli catturati in giro per il mondo in modo semplice. Per dare vita ad alcuni momenti, però, non basta un’immagine statica e finora questo tipo di storie non erano presenti su Instagram».

La discussione in merito all’introduzione dei video da parte di Instagram era cominciata da tempo e ha senza dubbio subìto un’accelerazione quando Twitter ha lanciato Vine, applicazione per girare e condividere video (della durata massima di 6 secondi e senza alcun filtro) sul social network. Proprio come avviene per Vine, anche con Instagram potranno essere girati video in un’unica sequenza oppure fermati e ripresi montando diverse sequenze. Oltrea lla durata dei video e alla presenza dei filtri, la maggiore differenza tra l’applicazione di Facebook e quella di Twitter consiste nell’introduzione di una nuova tecnologia denominata Cinema che permette di stabilizzare le riprese attenuando così movimenti bruschi e sobbalzi durante la realizzazione delle immagini.

La battaglia tra i due social network continua senza esclusione di colpi, con un botta e risposta che mantiene viva la competizione. Non v’è dunque da stupirsi se, molto presto, Twitter risponderà all’attacco di Facebook con altre sorprese.

Gabriele Rossetti

Facebook come Twitter, hashtag per seguire le conversazioni degli utenti

facebook_hashtag«Ogni giorno centinaia di milioni di persone usano Facebook per condividere i loro pensieri o i momenti più importanti. Per dare maggiore visibilità alle conversazioni, lanciamo una serie di funzioni che evidenzieranno alcune discussioni. Da oggi, gli hashtag su Facebook saranno cliccabili». Attraverso un comunicato ufficiale scritto dal Product Manager Gregory Lindley, Facebook annuncia una piccola rivoluzione interna che lo accosta sempre più al rivale Twitter e agli altri social network che già ne fanno uso.

Con l’introduzione degli hashtag (il famoso cancelletto #) la piattaforma fondata da Mark Zuckerberg vuole andare incontro agli utenti facilitandone le ricerche in merito ad una singola conversazione. Dalle prossime settimane, infatti, gli iscritti al social network con sede a Menlo Park potranno inserire nei loro post un hashtag davanti ad ogni parola che, una volta cliccata, consentirà di risalire al feed delle conversazioni di tutti gli altri utenti che hanno utilizzato la stessa stringa di significato.

Niente più di quanto non sia già possibile fare con Twitter, Instagram, Pinterest o Tumblr. Grazie all’utilizzo degli hashtag anche su Facebook si potrà contestualizzare ogni singolo post oppure indirizzarlo all’interno di una conversazione già esistente. «Gli hashtag – si legge nel comunicato – sono solo il primo passo per aiutare le persone a scoprire più facilmente cosa dicono gli utenti. Facebook continuerà a lanciare nuove funzioni nelle settimane e mesi che verranno, come gli hashtag più popolari e gli approfondimenti, che aiuteranno gli utenti a scoprire cosa si dice nel mondo».

Una mossa strategica, atta ad arginare la perdita di ricavi e senza la quale Facebook rischiava di rimanere indietro – rispetto alla concorrenza – nella diffusione sempre più incessante di notizie e pubblicità.

Gabriele Rossetti

Pinterest dà il via libera alle foto di nudo, purché siano artistiche

pinterest logoMentre la maggior parte dei social network si appresta a definire nuove strategie per limitare la diffusione di contenuti che possano risultare offensivi, ce n’è uno che naviga in controtendenza ed è pronto a dare il via libera alle fotografie senza veli. Nudo sì, purché si tratti di foto artistiche. Questa la nuova “linea editoriale” di Pinterest, piattaforma digitale dedicata alla condivisione di immagini e video che cede così alle pressioni di artisti e fotografi professionisti. Una piccola rivoluzione che – siamo certi – verrà ben accolta anche dai milioni di utenti sparsi in tutto il mondo che dal 2010, anno di fondazione, contribuiscono quotidianamente al successo del social network.

«Siamo nati per consentire di esprimere le passioni – si giustifica l’azienda -. La gente è appassionata d’arte, inclusi i nudi». Fondato da Ben Silbermann, Paul Sciarra e Evan Sharp, il nome Pinterest deriva dall’unione delle parole inglesi pin (appendere) e interest (interesse) e permette agli utenti registrati di creare bacheche virtuali attraverso le quali gestire e raccogliere immagini in base ai gusti personali o temi predefiniti.

L’apertura al nudo avviene proprio mentre Facebook introduce regole più severe per migliorare la sua policy di moderazione online in seguito alle lamentele di numerose aziende alle quali non andava giù di veder accostato il proprio nome, con tanto di pubblicità (a pagamento), a messaggi o immagini offensive. Il discorso sembra invece essere differente per Pinterest che fino ad ora non consentiva in nessun modo la pubblicazione di foto senza veli, neanche relative ad un nudo parziale. Ciò vuol però dire che sulla piattaforma non potevano circolare nemmeno fotografie di opere d’arte come, per esempio, la Maja desnuda di Goya, la Venere di Milo o il David di Michelangelo.

Un distinguo, in tal senso, andava forse fatto molto tempo prima ma tant’è. Resta da capire quale sarà il criterio attraverso cui una fotografia verrà giudicata come più o meno artistica.

Gabriele Rossetti

I Kings Of Convenience suonano a Siracusa una cover de I Giganti

Kings Of Convenience @ SiracusaLa cornice di Piazza Duomo a Siracusa, deserta in piena notte, si trasforma in un set perfetto per girare un video. Per la precisione il videoclip di una canzone non originale ma al tempo stesso unica. Merito dell’interpretazione dei Kings Of Convenience, duo norvegese indie pop famoso in tutto il mondo che grazie alle loro sonorità soavi e delicate propongono una cover insolita di “Una ragazza in due“, storico brano degli anni ’60, uno dei più celebri nel repertorio del gruppo I Giganti.

Erlend Øye, seduto su una sedia in compagnia della sua inseparabile chitarra, e Eirik Glambæk Bøe, appoggiato ad un lampione della luce, danno vita ad una nuova versione del brano cantando dal vivo in acustico e rigorosamente in italiano. Il video viene pubblicato dalla band sui principali social network e nel giro di poco tempo fa il giro del web, diffondendosi grazie al tam tam di appassionati e semplici curiosi.

Al contrario di quanto potrebbe sembrare il rapporto che lega i Kings Of Convenience a Siracusa non è del tutto casuale. Erlend Øye è stato infatti insignito della cittadinanza onoraria e durante un recente concerto organizzato sull’isola di Ortigia (la parte più antica di Siracusa) ha dichiarato pubblicamente di aver acquistato una casa in città nella quale, molto probabilmente, andrà a vivere in compagnia della madre. Un colpo di fulmine scoppiato nel 2008, anno della prima visita del duo norvegese nella città aretusea della quale hanno apprezzato le bellezze artistiche e la natura incontaminata che la circonda.

Gabriele Rossetti

International Journalism Festival, Perugia capitale dell’informazione

Festival-Internazionale-del-Giornalismo-2013Cinque giorni di eventi, keynote speech, incontri-dibattito, tavole rotonde, interviste, presentazioni di libri, workshop, proiezioni di documentari, concorsi, premiazioni e mostre. Dal 24 al 28 aprile a Perugia va in scena la settima edizione dell’International Journalism Festival, manifestazione unica nel panorama internazionale divenuto ormai un appuntamento fisso per gli addetti ai lavori. Il capoluogo umbro si riscopre capitale dell’informazione e si appresta ad ospitare giornalisti ed esperti di comunicazione da tutto il mondo, pronti a raccontare il mutamento della professione ed il suo futuro. La crisi, certo, ma soprattutto la digitalizzazione hanno di fatto contribuito ad estendere i confini di un mestiere sempre più complesso, destinato per forza di cose ad adeguarsi a nuove strategie editoriali. Di questo e molto altro si parlerà nei numerosi eventi (circa 200) aperti a chiunque e completamente gratuiti.

Il programma del Festival è davvero ricco e vedrà la presenza di numerosi volti noti, non soltanto tra i giornalisti italiani. Tra questi sono attesissimi i keynote speech di Mathew Ingram (guru dei nuovi media), Aron Pilhofer (direttore delle Interactive News del New York Times) ed Emily Bell (autrice del saggio “Post industrial journalism: adapting to the present”, una sorta di bibbia per la comunicazione internazionale). Durante la rassegna ci saranno confronti su diversi temi che vanno dal futuro del “giornalismo di carta” al data journalism, dalle nuove forme di storytelling alle bufale e al fact-checking. E ancora gli approfondimenti – immancabili – sulla politica e su due generi che stanno prendendo sempre più piede, ovvero il travel ed il food journalism.

Focus dell’attenzione rivolto anche alle tematiche che riguardano da vicino realtà come quella russa e siriana, quest’ultima raccontata dal giornalista della Rai Amedeo Ricucci che di recente è stato ostaggio proprio nel Paese di Assad. Altra testimonianza importante quella della blogger dissidente cubana Yoani Sanchez, da sempre attiva nel denunciare le violazioni dei diritti nel suo Paese.

Non mancheranno infine incontri e dibattiti incentrati sui social media e sul loro utilizzo in favore dell’informazione giornalistica a cominciare dalla condivisione delle notizie. Per l’occasione è stato creato su twitter l’hastag ufficiale #ijf13 per seguire in tempo reale tutto, ma proprio tutto, sulla manifestazione nata nel 2006 grazie alla passione di Arianna Ciccone e del suo compagno Chris Potter, che dal niente hanno saputo costruire un evento imperdibile e riconosciuto a livello internazionale.

Gabriele Rossetti

Nick D’Aloisio, il 17enne che ha stregato Yahoo! con la sua app

Nick D’AloisioHa solamente diciassette anni ma già un futuro assicurato nel team di Yahoo! Stiamo parlando di Nick D’Aloisio, giovane promessa inglese del web che due anni fa ha inventato un’applicazione che oggi vale 30 milioni di dollari. A tanto ammonta la cifra spesa dal colosso californiano di Sunnyvale per acquistare la creatura del giovane imprenditore e soffiarla ai rivali di Apple. Summly, questo il nome dell’app creata da D’Aloisio, permette agli utenti di visualizzare le notizie provenienti dai siti d’informazione online e dal giorno del suo lancio ha ottenuto un milione di download dall’Apple Store (dal quale è stata prontamente rimossa dopo l’acquisizione).

Da qui l’interesse di Yahoo! per la tecnologia su cui è basata l’applicazione, che consente di riassumere le notizie prese dal web e proporle agli utenti in uno spazio di 400 caratteri, utile e veloce per la fruizione. Per rafforzare la propria presenza nel mercato della telefonia mobile, negli ultimi tempi Yahoo! ha acquisito diverse startup di successo e recentemente ha annunciato un restyling delle funzioni del proprio sito web. Una svolta fortemente voluta da Marissa Mayer, nuovo amministratore delegato di Yahoo!, chiamata a risollevare l’azienda dalla crisi e che ha già messo gli occhi su Dailymotion, servizio di condivisione video simile a YouTube di proprietà di France Telecom, la cui valutazione si aggira intorno ai 300 milioni di dollari.

Nell’ottica del rilancio dell’azienda il genio di Nick D’Aloisio potrebbe davvero fare le fortune di Yahoo! che ha già offerto al ragazzo londinese – cresciuto in Australia – un impiego a tempo pieno senza che questo vada ad interferire con gli studi. Prima dell’interessamento  di Yahoo! a scommettere sull’applicazione di D’Aloisio erano stati il cinese Li Ka-Shing, l’attore Ashton Kutcher e Yoko Ono (moglie dell’ex Beatles John Lennon), i quali avevano contribuito al successo investendo sullo sviluppo dell’applicazione.

Gabriele Rossetti

Torino capitale delle innovazioni: prima per numero di startup

startupTrovare un lavoro è diventato sempre più difficile – per non dire impossibile – ma anche la maggior parte di quelli che un’occupazione ce l’hanno, negli ultimi tempi non possono ritenersi tranquilli per colpa di una situazione divenuta sempre più precaria. Nasce soprattutto da qui l’idea di provare a lanciare sul mercato delle startupovvero l’avvio di imprese innovative che ruotano attorno ad un progetto interessante che sia in grado di sfruttare la potenza della tecnologia investendo prevalentemente in ricerca e sviluppo. Un nuovo modello di fare business che sta prendendo sempre più piede in Italia diffondendosi principalmente tra i giovani, rassegnati o del tutto scoraggiati dalla vana ricerca di un posto fisso e decisi a “mettersi in proprio” per provare a farcela da soli. Alla base di tutto, del provare a diventare imprenditori di se stessi, deve esserci un progetto pensato e curato in maniera egregia che sappia attirare gli investitori attraverso i quali semplici idee innovative possano trasformarsi in aziende ad alto valore tecnologico.

I dati diffusi dal registro imprese delle Camere di commercio sulle startup in Italia segnalano la presenza di 307 società innovative, costituite soprattutto nelle città del Nord. La palma di città più “innovativa” del nostro Paese va a Torino, seguita da Padova, Trento, Milano e Roma. Numeri che mettono in risalto – come spiega Il Sole 24 Ore – un evidente «gap di democrazia imprenditoriale all’avvio della rivoluzione industriale 2.0» tra le regioni del Nord e quelle del Sud Italia.

E se Torino guida la classifica italiana non è certo un caso che proprio il capoluogo piemontese lo scorso weekend abbia ospitato (per il terzo anno consecutivo) l’edizione italiana di Startup Weekend, evento dedicato allo sviluppo tecnico e di business di applicazioni digitali che si svolge contemporaneamente in oltre 100 Stati del mondo. Il concorso si è svolto presso le aule di I3P, l’incubatore d’impresa del Politecnico di Torino: un tour de force durato 54 ore che ha visto la partecipazione di giovani imprenditori i quali hanno presentato i loro progetti a una platea di (possibili) finanziatori.

Dal momento della loro approvazione e successiva commercializzazione sul mercato le nuove startup vengono iscritte nel registro dedicato alle imprese innovative del Decreto Crescita 2.0 che prevede sgravi e agevolazioni fiscali. Decisamente una buona base di partenza e una spinta in più verso una forma di imprenditorialità tutta nuova, riservata alla creatività.

Gabriele Rossetti

Istella, il motore di ricerca italiano che non vuole somigliare a Google

istellaSono in molti a chiedersi a cosa possa servire e quali risultati voglia cercare di ottenere, ma da oggi anche l’Italia ha un suo nuovo motore di ricerca sul web. Si chiama istella ed è l’ultima scommessa di Tiscali, società di telecomunicazioni fondata dall’ex Governatore della Sardegna Renato Soru. E proprio al dialetto sardo deve il nome (stella, in italiano) il nuovo progetto dell’azienda; un’innovazione tecnologica a tutti gli effetti che fa il suo esordio online forse con un po’ di ritardo. Sicuramente in un periodo nel quale la supremazia di Google ha tarpato le ali ad ogni progetto a lui similare. Soru, presidente e amministratore delegato di Tiscali, chiarisce subito che istella non vuole in alcun modo contrastare lo strapotere di Google – anche perché non potrebbe in alcun modo -, ma vuole piuttosto essere un servizio complementare al colosso di Mountain View.

Istella aspira a diventare un nuovo modello capace di esportare e valorizzare la cultura italiana. Il motore di ricerca è stato infatti pensato e ideato per indicizzare soprattutto i domini italiani ed è basato sui principi di ricerca, condivisione e partecipazione. Degli utenti, ovviamente, i quali sono chiamati a contribuire ad accrescere il database del nuovo motore di ricerca perché, come dice Soru citando Calvino, «ogni uomo è una enciclopedia». Grazie ad accordi con istituzioni, enti,e associazioni, saranno inoltre indicizzati anche dati preziosi come quelli dell’Enciclopedia Treccani e degli archivi e dei cataloghi del ministero dei Beni Culturali.

La nuova creatura di Tiscali ha inoltre un’impostazione simile a quella dei social network grazie alla quale gli utenti possono condividere testi, immagini, audio e video e registrarsi per poi diventare followers degli altri iscritti alla community. Una differenza con Google istella effettivamente ce l’ha, cioè quella di non conservare i comportamenti nelle ricerche degli utenti, i quali non vengono neanche tracciati. Una differenza sostanziale che però ha fatto la fortuna di Google e del suo business plan… Il modello di business di Tiscali, fa sapere Soru, è comunque analogo agli altri motori di ricerca e prevede la vendita della pubblicità e delle parole chiave.

È nata una nuova istella, la speranza è che riesca a rendersi visibile nell’infinito universo del web.

Gabriele Rossetti

iPhone di plastica a 300 dollari: se anche Apple si converte al low cost

iphonePur di andare incontro a nuovi potenziali clienti con un occhio di riguardo al periodo di crisi finanziaria, la Apple sembrerebbe disposta a snaturare il proprio credo invertendo rotta e strategie mai attutate prima d’ora. L’obiettivo dell’azienda di Cupertino sarebbe quello di allargare i propri orizzonti per andare alla conquista dei mercati orientali (Cina e India su tutti). Per farlo, dovrebbe però adeguarsi ai tempi mettendo in commercio prodotti alla portata delle tasche di tutti. Nasce da qui l’idea – sempre più prossima alla realizzazione – di un nuovo modello di iPhone low cost.

I più esperti motivano la decisione dei vertici Apple come una delle poche, se non l’unica, in grado di salvare l’azienda dalla continua fuga di capitali. Andare alla conquista di mercati finora sottovalutati (o volutamente snobbati) equivarrebbe inoltre a sottrarre clienti alla concorrenza, in particolare al colosso coreano Samsung, e di questi tempi non è davvero un fattore di poco conto.

Il nuovo modello di smartphone low cost dovrebbe essere presentato nel mese di giugno prima dell’iPhone 6, la cui uscita è già stata non a caso posticipata. La vera rivoluzione di Apple consisterebbe nei materiali che andrebbero a costituire il nuovo prodotto; vetro e alluminio verrebbero così sostituiti da policarbonato e plastica contribuendo a  far di conseguenza crollare le spese di produzione. Il prezzo del nuovo iPhone non dovrebbe infatti essere superiore ai 300 dollari, diventando così accessibile anche a fasce della società finora impossibilitate all’acquisto di un telefono griffato Apple. Roba da far rivoltare nella tomba il fondatore della “mela morsicata” Steve Jobs, maniaco dei dettagli e del lusso, la cui filosofia era indirizzata al raggiungimento di una costante perfezione e che mai avrebbe dato il suo benestare ad un simile progetto.

Gabriele Rossetti

“Top of the Popes”, il social quiz in vista dell’elezione del nuovo Papa

top of the popesAncora poche ore e da martedì 12 marzo prenderà ufficialmente il via il conclave nel corso del quale i centoquindici cardinali, riuniti nella Cappella Sistina a Roma, saranno chiamati ad eleggere il successore di Benedetto XVI. “Ma noi utenti della rete siamo preparati sul tema? Siamo pronti per il nuovo Papa?” A porsi il quesito è l’associazione no-profit Push di Palermo che per l’occasione ha lanciato sul web una sorta di “social quiz” pensato e ideato per agevolare gli utenti nella conoscenza dei – è proprio il caso di dirlo – papabili alla prossima guida del Vaticano.

L’esito del conclave non è mai stato tanto incerto come questa volta. Difficile per chiunque accollarsi l’eredità di un Papa dimissionario, a maggior ragione in un periodo durante il quale la Chiesa ha mostrato, volendo usare un eufemismo, poca trasparenza su diversi fronti.

I ragazzi dell’associazione Push hanno dunque voluto provare ad interpretare il conclave dal punto del popolo (quello del web, in questo caso) chiedendosi cosa succederebbe se a votare per il nuovo Papa fossero gli utenti della rete. Da qui nasce l’idea di Top of the Popes, titolo preso in prestito da uno show televisivo musicale famoso in tutto il mondo, attraverso il quale è possibile tracciare il profilo del Papa prescelto in base alle sue caratteristiche, rispondendo a cinque semplici domande (con risposta multipla):

  1. Considerando l’età anagrafica, chi ritieni più adatto a ricoprire il ruolo di Pontefice?
  2. Quale figura consideri maggiormente adatta a rappresentare la chiesa nel mondo?
  3. In che modo il futuro Pontefice dovrebbe relazionarsi con i nuovi media?
  4. Qual è l’immagine che meglio incarna la figura del Santo Padre?
  5. Che posizione dovrebbe assumere il Papa riguardo alle più importanti tematiche del cattolicesimo?

Una volta risposto ai quesiti il computer elaborerà i profili di due futuri papabili; non basta far altro che votarne uno e diffondere il risultato del quiz a tutti gli amici attraverso la condivisione su Facebook. Chissà che anche i cardinali non si facciano influenzare dai social network…

Gabriele Rossetti

Twitter party, la festa di Jovanotti live sul web con i follower

jovanottiPer festeggiare l’incredibile soglia (quasi raggiunta) del milione e mezzo di follower su Twitter, Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti ha deciso di organizzare una sorta di party virtuale per ringraziare tutti i fan che lo seguono costantemente sul suo account ufficiale e che lo hanno fatto diventare l’italiano con più seguaci sul social network di microblogging.

«Lo so che vedendo la situazione italiana c’è poco da festeggiare, ma con la musica voglio esorcizzare, la musica serve a questo», ha detto Jovanotti in collegamento da New York dove vive da qualche mese con la famiglia.

La diretta dell’evento, rigorosamente in streaming – of course -, comincerà alle 15.30 e durerà all’incirca due ore durante le quali il cantante toscano interagirà con i suoi fan rispondendo alle domande, svelando alcuni segreti del suo imminente tour negli stadi e suonando anche qualche canzone (non necessariamente scritta da lui) su richiesta in versione acustica.

Gabriele Rossetti

Google, partito il progetto Art Talks: lezioni e appuntamenti dai musei

google projectLa cultura accessibile a chiunque e a portata di click. Ha preso il via mercoledì 6 marzo il nuovo progetto realizzato da Google dedicato al mondo dell’arte. Art Talks, questo il nome dell’ennesimo esperimento del motore di ricerca che avrà il compito di portare le opere esposte in alcuni dei musei più importanti del mondo sullo schermo di un pc. Grazie alle dirette in Hangout sulle pagine dedicate di Google Plus e YouTube, sarà infatti possibile assistere a vere e proprie lezioni tenute dagli esperti del settore: direttori dei musei, storici e curatori di mostre, fungeranno da guida per tutti gli spettatori online comodamente seduti in poltrona.

Un vero e proprio insegnamento dell’arte 2.0 che ogni mese porterà gli appassionati alla scoperta delle storie che si celano dietro le opere e ai segreti che accompagnano la realizzazione di un evento espositivo. La prima lezione si è tenuta niente meno che dal Moma di New York e ha visto la partecipazione di artisti e studenti.

Il secondo appuntamento con il Google Art Talks è invece fissato per il 20 marzo quando, in diretta dalla National Gallery di Londra, verrà trattato il tema del nudo femminile. Riflettori puntati anche sulla lezione di aprile dalla National Gallery of Art di Washington nella quale verrà esplorata la storia della “Torre di Babele“, celebre opera di Brueghel. Gli appuntamenti dei prossimi mesi saranno trasmessi in diretta dal Metropolitan Museum of Art, dal Museum of Contemporary Art di Los Angeles, dal Museo Nacional de Arte in Messico e dal Museo di arte Islamica in Qatar, mentre non è al momento prevista alcuna lezione da musei italiani.

L’iniziativa fa parte di un progetto più ampio, il Google Art Project, la cui piattaforma consente proprio a tutti di ammirare migliaia di opere d’arte ed effettuare tour virtuali all’interno dei musei nei quali sono ospitate.

Gabriele Rossetti