Vhils sceglie Torino per lasciare la sua impronta a colpi di scalpello

vhils torinoGigantografie di volti campeggiano sui muri di alcune città. Visi di persone più o meno note ritratti sulle facciate degli edifici che ad un primo sguardo potrebbero sembrare dipinte. Niente affatto, perché in realtà sono dei veri e propri bassorilievi realizzati a colpi di scalpello. Questo è il marchio di fabbrica del giovane artista portoghese Vhils, al secolo Alexandre Farto, che da qualche anno è riuscito a ritagliarsi un posto di rilievo nel sempre più affollato mondo della street art. Classe 1987, Vhils ha studiato alla University of the Arts di Londra città dalla quale ha cominciato a farsi conoscere. Il talento ha fatto il resto e dalla capitale britannica – dove nel 2008 ha scolpito un volto accanto a un’opera di Banksy – ha spiccato il volo lasciando la sua impronta in giro per il mondo: Lisbona (sua città natale), Parigi, Las Vegas, Rio De Janeiro e, da qualche giorno, Torino. Lo street artist portoghese è infatti sbarcato nel capoluogo sabaudo nell’ambito del progetto NizzArt (organizzato dall’associazione URBE) per il quale ha realizzato una gigantografia sulla facciata laterale di un condominio in Via Nizza, al civico 50.

L’opera d’arte ha richiesto due giorni di lavoro e rappresenta «Una delle tante persone qualunque incontrate e fotografate durante un viaggio in Messico». Dopo aver utilizzato una base di vernice bianca per delineare i lineamenti del viso, Vhils ha preso in mano lo scalpello tratteggiando accuratamente le ombre e le rughe del volto raffigurato. Un lavoro complesso, dispendioso e dal valore inestimabile.

“Scratching the surface”, così è denominata la tecnica utilizzata da Vhils che nel corso della sua (giovane) carriera ha saputo creare un proprio tratto distintivo che gli ha permesso di essere accostato ai più grandi street artist del mondo.

Gabriele Rossetti

Da Parigi a Torino, il viaggio nel mondo di Renoir in mostra alla GAM

renoir - la balançoireVisioni paesaggistiche, figure borghesi e popolane, ritratti di amici e bambini, decorazioni floreali, nudi femminili. Parte dell’attività artistica di uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo lascia momentaneamente Parigi e approda a Torino per dare vita ad un allestimento del tutto inedito. Il viaggio nel mondo di Pierre-Auguste Renoir fa tappa alla GAM (Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea) nell’ambito di “Torino incontra la Francia”, progetto culturale promosso dal capoluogo piemontese in collaborazione con il Musée d’Orsay. E proprio dalle collezioni del museo parigino (e dal Musée de l’Orangerie) giungono in prestito sessanta capolavori del pittore, in mostra fino al 23 febbraio. Quattro mesi per ammirare da vicino il lavoro – e la sua complessa evoluzione – dell’artista, attivo tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e il primo ventennio del Novecento.

Suddivisa in nove sezioni l’esposizione mette in evidenza l’indiscussa qualità della tecnica pittorica di Renoir e i diversi temi affrontati durante la sua vita e tramutati in arte. Definito e riconosciuto da molti esclusivamente come «pittore della spensieratezza e della gioia di vivere», Renoir fu invece un artista capace di sperimentare, confrontarsi con le novità del periodo storico e stravolgere le classiche regole della rappresentazione.

La mostra (che ha riscosso il successo del pubblico ancor prima di aprire i battenti con oltre 12 mila prenotazioni) si apre con la sezione intitolata L’età della Bohème, nella quale vengono presentati ritratti di amici e uno dei primi nudi e prosegue con Des femmes passent dans la rue, galleria di ritratti femminili tra cui spiccano “Madame Darras”, “La liseuse” e “Giovane donna con veletta”. Il pezzo forte della terza sezione, La recherche heureuse du côté moderne, è senza dubbio il meraviglioso “La balançoir”, mentre nel quarto spazio espositivo, Le métier de paysagiste, si possono ammirare dieci opere realizzate in en plein air. La visita continua le sezioni Infanzia, Le Jeunes filles au piano, Beau comme un tableau de fleurs, Le nu, forme indispensable de l’art, e si conclude con L’eredità delle Bagnanti, dove campeggia l’omonimo dipinto considerato il testamento pittorico di Renoir, donato nel 1923 dai figli allo Stato francese.

I quadri esposti alla GAM sono stati selezionati dall’ampia produzione artistica del pittore francese nella quale il cappello è un elemento ricorrente. Protagonista della moda francese della Belle Epoque, il corpicapo (soprattutto quello femminile) era una delle passioni di Renoir e rappresenta il filo conduttore del percorso espositivo.

Gabriele Rossetti

“Transformers”, ritratti di musicisti rivoluzionari in mostra alle OGR di Torino

transformersRaccontare attraverso le immagini la forza di trasformazione di ventisei artisti che hanno scritto la storia della musica nella seconda metà del Novecento. Musicisti rivoluzionari che grazie alla loro personalità e al loro carisma hanno saputo conquistare palcoscenici e opinione pubblica cambiando il panorama musicale e non solo. A loro è dedicata la mostra “Transformers. Ritratti di musicisti rivoluzionari” che ha aperto i battenti sabato 28 settembre presso i Cantieri OGR (Officine Grandi Riparazioni) di Torino. Non una semplice mostra, quella organizzata dalla Società Consortile OGR-CRT e curata dal cronista musicale Alberto Campo, ma un vero e proprio “viaggio emotivo” all’interno della storia della musica. L’esposizione è ovviamente incentrata sul tema della trasformazione e non a caso è stata scelta come sede un luogo di trasformazione per antonomasia come i Cantieri OGR, simbolo della Torino postindustriale, oggi centro di sperimentazione e produzione delle discipline contemporanee ma un tempo fabbrica nella quale venivano costruiti e riparati i treni.

Il percorso espositivo è composto da settantotto fotografie (concesse da Getty Images) che ritraggono la vita pubblica e privata di ventisei artisti unici: da Elvis Presley a David Bowie, da Jimi Hendrix ai Doors, da Madonna a Bob Dylan, dai Radiohead ai Daft Punk. Il viaggio della mostra parte dagli anni Cinquanta, con l’avvento della “società di massa”, lasciando che siano le fotografie e le icone immortalate a raccontare il preciso momento storico nel quale si sono affermate. Dagli albori della pop music si passa alla canzone di protesta, alla British Invasion, al riscatto afroamericano e all’epopea degli hippies, senza tralasciare il rock teatrale, il punk, la world music, la rivoluzione elettronica, l’hip hop, la stagione della videomusica, il grunge e la techno, sino ad arrivare ai giorni nostri con la forte influenza del web e delle tecnologie digitali.

Le fotografie principali della mostra ritraggono gli artisti durante gli eventi live ed ogni immagine è corredata da una didascalia e da un apparato fotografico complementare che punta a svelare una dimensione confidenziale del personaggio. L’intento del curatore Alberto Campo è infatti di mostrare gli artisti «sotto due luci differenti»: quella pubblica, ovvero sul palco, nel bel mezzo di una performance, e quella privata, più intima, atta a svelare il lato umano e familiare di ogni protagonista rappresentato.

Gabriele Rossetti

“Hai paura del buio?”. A Torino il debutto del festival artistico ideato da Manuel Agnelli

HPDBLa gente ha paura perché non sa cosa aspettarsi dal futuro.
La paura ci ha diviso, ci immobilizza e ci tiene a casa.
Il vero male in questo momento è non fare niente, essere passivi
sperando che chiuderci nelle nostre tane e nei nostri circoli possa salvarci dai nostri incubi.
Noi vogliamo uscire, confrontarci, mischiarci, sporcarci e contaminarci.
Diventare dei bastardi e dei meticci.
Superare gli steccati che ci hanno diviso e ci hanno spento.
Perché nasca qualcosa di nuovo.
Perché nasca qualcosa.
Ci prendiamo le nostre responsabilità sulla cultura.
Sulla quale si fonda ogni azione dell’individuo nel corso della propria vita.
Prendiamo posizione e facciamo informazione, perché la cultura è il nostro modo di fare politica.
La cultura è politica.
Ci siamo scandalizzati per cose che abbiamo lasciato succedere.
Adesso vogliamo divertirci.
Ridare leggerezza alle azioni.
Riscoprire la bellezza.
La bellezza di vivere le cose, farle nascere.
Non subirle.

Musica, poesia, danza, teatro, arti visive. In una sola parola: cultura. Quella cultura sulla quale è calato un buio profondo dal quale è necessario uscire (ri)accendendo al più presto la luce. Su queste basi si fonda il progetto artistico “Hai paura del buio?” che nel suo manifesto esprime il bisogno di far nascere qualcosa di nuovo per ridare leggerezza alle azioni e riscoprire la bellezza attraverso ogni forma artistica. Il progetto è in realtà un festival itinerante ideato dal leader degli Afterhours Manuel Agnelli e, non a caso, prende il nome dall’album omonimo pubblicato nel 1997 dal gruppo milanese.

Un festival unico nel suo genere che debutta venerdì 30 agosto a Torino all’interno del Traffic Festival. Nella splendida cornice delle Ogr (Officine grandi riparazioni) si alternerà per tutta la serata un prestigioso cast di artisti in rappresentanza di diverse discipline. Sei i palchi che ospiteranno le esibizioni di Afterhours (concerto), Cristiano Carotti (installazioni), Valentina Chiappini (performance), Dargen D’Amico (dj set), Eleonora Di Vita (danza), Fuzz Orchestra (concerto), Enrico Gabrielli (orchestrina di liscio/der mauer- avanguardia), La Morte (concerto esibizione), Marta sui Tubi (concerto), gruppo di slam poetry curato da Marco Philopat (contest di poesia), Antonio Rezza e Flavia Mastrella (teatro), Daniele Silvestri (concerto), Graziano Staino (video performance), Isabella Staino (installazione pittorica), Teatro degli Orrori (concerto), OOOPOPOIOOO – Vincenzo Vasi e Valeria Sturba (performance), Guido Catalano (poesia), Marco Castellano (concerto), Nebulae (danza), Paola Turroni (reading) e Giancarlo Marcali (installazione). Una sorta di happening artistico che dopo il capoluogo piemontese farà tappa a Roma (il 13 settembre all’Auditorium Parco della Musica) e Milano (il 30 ottobre all’Alcatraz).

Per certi versi “Hai paura del buio?” prende l’eredità del Tora! Tora! – anch’esso ideato da Agnelli agli inizi del 2000 – non limitandosi però esclusivamente alla scena musicale indipendente italiana ma anzi allargando il cerchio ad ogni forma di arte espressiva con lo scopo di interrogarsi sullo stato della cultura nel nostro Paese. Un’iniziativa destinata a riscuotere successo che ha già ricevuto la “benedizione” del Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray e che potrebbe non limitarsi a tre sole date; l’intenzione degli organizzatori è infatti di prolungare il tour toccando altre zone d’Italia.

Come spiegato da Manuel Agnelli il festival nasce dalle esperienze e dalla frequentazione dei teatri dismessi e a rischio privatizzazione (come il Valle di Roma o il Coppola di Catania), occupati da artisti e semplici cittadini perché non perdessero la loro “funzione culturale”. «A noi non interessa stimolare il dibattito sulla cultura – ha detto Agnelli in risposta alle critiche subite -, c’è già. Ci interessa fare qualcosa di bello e concreto».

Gabriele Rossetti

Martin Scorsese, mostra biografica al Museo del Cinema di Torino

scorseseRegista, attore, sceneggiatore, produttore cinematografico. Questo e molto altro rappresentano al meglio la figura di Martin Scorsese, uno dei maestri della settima arte, autore di grandi capolavori capaci di mettere d’accordo critica e pubblico. La biografia del cineasta americano, di origini italiane, è protagonista della mostra a lui dedicata che dopo essere stata esposta a Berlino approda nelle sale del Museo Nazionale del Cinema di Torino. Dal 13 giugno e fino al 15 settembre 2013 la Mole Antonelliana ospita veri e propri feticci appartenenti al mondo di Scorsese che gravitano – e non potrebbe essere altrimenti – attorno alla sua principale passione, divenuta lavoro. La passione incondizionata per il cinema che nel 1990 lo ha portato a fondare la Film Foundation, organizzazione non-profit impegnata nel restauro e nella conservazione di pellicole storiche che nel corso degli anni hanno subito danneggiamenti.

Co-prodotta dalla Deutsche Kinemathek e dal Museo Nazionale del Cinema, la mostra ricostruisce la vita di Scorsese attraverso un ricco materiale inedito proveniente direttamente dagli archivi privati dell’artista. Fotografie, lettere private, bozzetti, manifesti, storyboard, frammenti di sceneggiature e oggetti di scena (tra cui i costumi di Gangs of New York, quelli da pugile utilizzati da Robert De Niro in Toro scatenato e il vestito rosso di Michelle Pfeiffer in L’età dell’innocenza), costituiscono la mostra il cui percorso parte dall’Aula del Tempio e si protrae lungo la scalinata che ruota attorno alla cupola della Mole Antonelliana.

Curatrici dell’allestimento torinese Nicoletta Pacini e Tamara Sillo il cui obiettivo è «mettere in evidenza il lavoro di Martin Scorsese, le figure, le location, l’estetica dei suoi film, la passione e la sua umanità di narratore». La mostra comincia già all’esterno dove sulla cancellata del museo campeggiano 14 gigantografie scattate da Brigitte Lacombe sui set di alcuni film, mentre all’interno è suddivisa in aree tematiche che raccontano il legame di Scorsese con la famiglia, la musica ma anche con l’America ed in particolare con New York, a cui è dedicata un’intera sezione. Ad accogliere il visitatore è proprio una mappa luminosa della Grande Mela sulla quale sono collocati tutti i set scelti dal regista per i suoi film.

Non potevano infine mancare i contenuti multimediali grazie ai quali in ogni sezione è possibile vedere e ascoltare, tramite una guida su iPad, la descrizione ed il commento in lingua originale dello stesso Scorsese di 20 opere presenti nella mostra.

Gabriele Rossetti

Alfonso, il primo singolo di Levante destinato a diventare un tormentone estivo

levanteSarà capitato a chiunque di essere stato invitato ad una festa di compleanno di una persona della quale si conosce a malapena il nome. Se poi la voglia di partecipare alla festa rasenta lo zero e la compagnia non è certo delle più gradite ecco che ci si trova a fare i conti con tutta la solitudine del mondo al grido di “Che vita di merda”. Proprio quello che fa la cantautrice Levante (al secolo Claudia Lagona) nel suo primo singolo d’esordio, Alfonso, già destinato secondo gli esperti del settore a diventare uno – se non l’unico – dei tormentoni musicali dell’estate 2013. La canzone sta impazzando su tutte le radio ed il suo ascolto sul web ha fatto registrare numeri da record grazie al suo ritmo allegro e contagioso che colpisce e conquista all’istante.

Alfonso è lo sconosciuto festeggiato e lei l’invitata, con tanto di regalo in mano, costretta ad indossare scarpe scomode, un vestito d’insofferenza ed anche un sorriso beffardo in nome del bon ton. Una festa grottesca e claustrofobica, rappresentata in maniera egregia nel video ufficiale girato all’interno di un’ascensore dal quale emerge tutto il senso di imbarazzo e inadeguatezza della protagonista (“Tanti auguri ma non ti conosco…“).

Alfonso è la canzone che precede l’uscita dell’album di debutto di Levante, Manuale Distruzione, prevista a marzo 2014.

Nata a Caltagirone (Catania) nel 1987 ma torinese d’adozione, Levante è la prima cantante dell’etichetta indipendente INRI che comprende, tra gli altri, anche i Linea 77 e Bianco. Scrive e canta dall’età di dodici anni e – come si legge sulla sua pagina ufficiale Facebook – «se le sue canzoni si potessero leccare si sentirebbe il gusto amaro delle liriche misto alla dolcezza delle melodie». Ne (ri)sentiremo parlare.

Gabriele Rossetti

Io non compro la tua bici: campagna di sensibilizzazione contro i furti

io non compro la tua bici

Le statistiche parlano chiaro: negli ultimi tempi in Italia è stato registrato un aumento considerevole dell’utilizzo delle biciclette in luogo delle automobili. Colpa della crisi, certo, in particolare dei prezzi elevati di benzina e biglietti dei mezzi pubblici che – come se non bastasse – non godono di ottima salute vuoi per i disservizi, vuoi per gli innumerevoli tagli a cui sono stati destinati. L’altra faccia della crisi coincide però anche con i tanti, troppi furti di biciclette che si verificano quotidianamente in ogni quartiere di qualunque città.

Per contrastare questo fenomeno dilagante l’Associazione culturale ME.LA di Torino ha pensato di realizzare una campagna indipendente di comunicazione e promozione con l’obiettivo di sensibilizzare le persone ad un acquisto consapevole delle biciclette, disincentivando al contempo il mercato dei furti. “Io non compro la tua bici” è il nome scelto per la campagna, realizzata in collaborazione con l’Associazione Bike Pride. E proprio nella settimana che precede la quarta edizione torinese del raduno dei ciclisti e della mobilità sostenibile – in programma domenica 26  maggio con partenza alle ore 15.00 dal parco del Valentino – verranno distribuiti dei piccoli pieghevoli sui manubri delle biciclette parcheggiate nelle zone di Torino con la più alta concentrazione di veicoli a due ruote. I depliant posizionati sulle bici in sosta contengono al loro interno una piccola storia narrante (scritta in tono ironico) basata sul concetto di non comprare una bicicletta di dubbia provenienza. Il mercato delle bici rubate è infatti un circolo virtuoso che si arricchisce continuamente; spesso chi subisce un furto acquista a sua volta una bici rubata.

La speranza degli organizzatori consiste nel “far aprire gli occhi” alle persone, cercando di porre fine a quella che nel corso degli anni è purtroppo divenuta una (pessima) usanza. La campagna di comunicazione prevede inoltre un vademecum attraverso il quale evitare di farsi rubare la bicicletta: raccomandazioni su come e dove legarla e il consiglio di non comprare bici che possano incentivare il mercato nero.

L’idea di realizzare una campagna di sensibilizzazione è solamente il primo passo di un progetto più ampio che avrà ulteriori sviluppi in futuro. Nel frattempo è importante diffondere una cultura civica forte in grado di rendere orgogliosi i possessori di biciclette “pulite”, acquistate e custodite con la medesima cura che si riserverebbe a qualsiasi altro veicolo.

Gabriele Rossetti

Salone Internazionale del Libro di Torino, dove osano le idee

salone del libroUn aeroplanino di carta – costruito con la pagina di un libro – pronto a prendere il volo tra stelle e pianeti, anch’essi fatti di carta. Si presenta così la ventiseiesima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, un appuntamento ormai fisso che si rinnova di anno in anno nel mese di maggio. Ospitato come sempre nello spazio espositivo del Lingotto, nel corso degli anni il Salone è divenuto un prestigioso festival culturale, riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo; un punto di riferimento per gli operatori professionali del libro, nonché uno spazio dedicato ai lettori di ogni età e provenienza.

Il tema della 26esima edizione, in programma dal 16 al 20 maggio, è caratterizzato dalla creatività e dalla potenza delle idee. “Dove osano le idee” è infatti lo slogan scelto per promuovere la campagna pubblicitaria della rassegna libraria, per dimostrare che proprio grazie alle buone intenzioni (spesso frutto di progetti fantasiosi, ma talvolta efficaci) si possono raggiungere ottimi risultati. Soprattutto in un periodo di recessione nel quale le idee, la creatività e l’innovazione possono contribuire, in un certo qual modo, a superare le difficoltà economiche.

Dai 100.000 visitatori e 553 espositori della prima edizione tenutasi nel 1988, il Salone è cresciuto fino alle oltre 300.000 presenze di pubblico e più di 1.200 espositori attuali. Una grande libreria suddivisa in padiglioni all’interno dei quali è possibile imbattersi in grandi e piccoli editori, indistintamente dalla loro rilevanza sul mercato. Per cinque giorni il Lingotto torna ad essere palcoscenico di oltre mille presentazioni editoriali, convegni, appuntamenti, dibattiti, spettacoli e più di 2.000 relatori e ospiti – tra cui scrittori, giornalisti, storici, filosofi, premi Nobel, politici e personalità del mondo dello spettacolo. Numeri che aiutano a comprendere il ruolo fondamentale della manifestazione, non soltanto per la città di Torino che ospiterà anche il Salone Off: eventi, incontri con gli autori, reading, cacce al tesoro letterarie nelle strade, piazze, scuole, fabbriche dismesse e nei parchi.

Meta di visitatori da ogni parte del mondo, il Salone del Libro è anche un’occasione per infondere la cultura e l’importanza della lettura nei più giovani. Ogni anno migliaia di bambini e studenti delle scuole transitano dal Lingotto e anche la 26esima edizione dedica loro il Bookstock Village, un’area piena di iniziative, incontri, librerie, giochi e laboratori per formare i lettori di domani.

Gabriele Rossetti

“Da Sodoma a Hollywood”: al via il 28° Torino GLBT Film Festival

torino glbt film festivalCortometraggi, lungometraggi e documentari: 120 pellicole in rappresentanza di 34 nazioni, la maggior parte delle quali incentrate sul tema del corpo e sulla difficoltà di amarsi e costruire relazioni gay. Sulla base di questi contenuti prende il via la ventottesima edizione del Torino GLBT Film Festival, la rassegna cinematografica più longeva d’Europa che dal 1986 dà spazio alle tematiche di gay, lesbiche, bisessuali e trasgender. Come ogni anno la volontà degli organizzatori è di proporre al pubblico film di grande attualità che difficilmente troverebbero spazio altrove, col serio rischio di rimanere “invisibili“. In programma dal 19 al 25 aprile presso il Cinema Massimo di Torino, la rassegna è suddivisa in tre sezioni ognuna delle quali sottoposta al giudizio di una giuria internazionale. Per ogni categoria in concorso (cortometraggi, lungometraggi e documentari) è inoltre previsto un Premio assegnato direttamente dal pubblico.

Il Festival diretto da Giovanni Minerba e organizzato in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema propone sia opere drammatiche sia commedie e, come ogni rassegna dedicata alla settima arte che si rispetti, prevede in cartellone anche la proiezione di film fuori concorso. Ad aprire la rassegna “Any Day Now” di Travis Fine, film ambientato alla fine degli anni ’70 e tratto da una storia vera che racconta la vita di una drag queen di Los Angeles che, insieme al suo partner, cerca di ottenere la custodia di un ragazzo down quattordicenne. Il compito di chiudere il Festival è invece affidato ad una commedia brillante di Gary Entin, “Geography Club“,  che esplora il mondo degli adolescenti di oggi, dalla conquista di sé al coming out e dal bullismo all’omofobia. E proprio il tema del bullismo sarà nuovamente protagonista del Festival il 20 aprile, quando nel mondo si celebrerà la Giornata del silenzio. Un modo simbolico per affrontare una problematica sempre più frequente nella nostra società.

Per il quarto anno consecutivo verrà inoltre assegnato il Premio “Dorian Gray”, attribuito ad una personalità appartenente al mondo del cinema, dello spettacolo o della cultura che si sia distinta e abbia dato il suo contributo alla causa per i diritti delle persone GLBT. Dopo James Ivory, Lindsay Kemp e Luciana Littizzetto, il riconoscimento andrà all’attrice e cantante tedesca Ingrid Caven, nota per essere stata musa e moglie di Rainer Werner Fassbinder.

L’edizione 2013 del Torino GLBT Film Festival avrà una sezione dedicata ai giovani e una al vintage ed introdurrà uno strumento innovativo che consentirà di andare a scovare le opere del passato che hanno partecipato alle ultime cinque edizioni. Circa 3000 pellicole sono state infatti catalogate e sono disponibili in un grande archivio online denominato GLBT Movie Database, attraverso il quale è possibile visionare le schede dei film e delle persone che hanno preso parte al Festival.

Gabriele Rossetti

Retrospettiva: i capolavori in bianco e nero di Elliott Erwitt a Torino

Elliot Erwitt - Magnum PhotosIn contemporanea con la mostra che celebra il centenario della nascita di Robert Capa, la città di Torino ospita un’altra retrospettiva, dedicata a Elliott Erwitt: un maestro della fotografia, anch’egli facente parte dell’agenzia Magnum Photos. Anche questa mostra è organizzata dalla casa editrice d’arte Silvana Editoriale sempre in collaborazione con la celebre agenzia fotografica e verrà ospitata nella Corte Medievale di Palazzo Madama a Torino.  A partire dal 17 aprile e sino al 1 settembre 2013 sarà possibile ammirare i capolavori che hanno consacrato l’estro di Elliott Erwitt, celebre per i suoi scatti in bianco e nero. L’esposizione comprende una selezione di 136 fotografie suddivise in tre sezioni, ciascuna delle quali è basata su uno specifico tema selezionato all’interno del vasto repertorio dell’artista. Bambini, animali domestici, personaggi famosi, scatti pubblicitari e scorci di città fanno della mostra una delle più ricche mai dedicate al fotografo, oggi 84enne.

Erwitt nasce a Parigi nel 1928 da genitori russi di origine ebraica e trascorre l’infanzia a Milano prima di emigrare con la famiglia negli Stati Uniti dove comincia a coltivare l’interesse per la fotografia e decide di modificare il suo vero nome – Elio Romano Erwizt – americanizzandolo. Fondamentali per la sua carriera gli incontri con fotografi già affermati come Edward Steichen e Robert Capa, che nel 1953 lo invita a far parte della Magnum Photos. L’ingresso nell’agenzia fotografia rappresenta un trampolino di lancio per il futuro che lo porta a raggiungere la fama mondiale grazie al suo lavoro, incentrato per lo più sull’istintiva sensibilità nel “cogliere l’attimo“. «Si tratta di reagire a ciò che si vede, senza preconcetti – afferma Erwitt – si possono trovare immagini da fotografare ovunque, basta semplicemente notare le cose e la loro disposizione, interessarsi a ciò che ci circonda e occuparsi dell’umanità e della commedia umana».

Con distacco, realismo e un pizzico di humor, nel corso degli anni Elliott Erwitt ha saputo raccontare il genere umano in tutte le sue sfaccettature immortalando aspetti della vita anche insoliti, spesso “rubati” a soggetti inconsapevoli incontrati per strada. Questa peculiarità gli è valsa il riconoscimento di fotografo della commedia umana.

Gabriele Rossetti

(Foto: California, USA. 1955 © Elliott Erwitt / Magnum Photos)

Torino Jazz Festival, musica e non solo: oltre 130 eventi gratuiti

torino jazz festivalBissare il successo dello scorso anno che fece registrare oltre 100 mila presenze. Questo l’auspicio degli organizzatori del Torino Jazz Festival, la cui seconda edizione si terrà dal 26 aprile al 1 maggio. Sei giorni di appuntamenti rigorosamente gratuiti per oltre 130 eventi dedicati a tutto ciò che gravita attorno al genere musicale nato nelle comunità afroamericane all’inizio del XX secolo. Musica, letteratura, fotografia e cinema andranno a comporre il programma che si svolgerà nei luoghi simbolo di Torino attraverso percorsi tematici: piazza Castello e piazzale Valdo Fusi ospiteranno i concerti delle band, il Circolo dei Lettori sarà la casa degli incontri letterari, mentre al Museo di Scienze Naturali ed al Cinema Massimo sarà possibile assistere rispettivamente a mostre fotografiche e proiezioni cinematografiche.

Un’edizione completamente rinnovata rispetto a quella passata che riuscì a chiudere il bilancio in positivo nonostante un clima tutt’altro che primaverile; la pioggia battente di quei giorni non fermò l’affluenza di spettatori e curiosi e – come detto – la speranza è che si possa fare ancora meglio. Proprio in quest’ottica il nuovo direttore del festival, Stefano Zenni, ha lavorato per portare sotto la Mole nomi di livello internazionale: Mike Stern, John Coltrane, Abdullah Ibrahim, McCoy Tyner, Roy Haynes e Tania Maria. Ospite della kermesse anche il trombettista e compositore Enrico Rava, che si esibirà con l’Orchestra del Teatro Regio in uno spettacolo ispirato al libro “On the road” di Kerouac.

Un occhio di riguardo anche per la sezione Fringe del festival che andrà ad esplorare il panorama jazzistico contemporaneo. La sezione off della kermesse curata da Fulvio De Castri vedrà la partecipazione di oltre 160 artisti che si esibiranno “in notturna” tra i locali di piazza Vittorio Veneto ed i Murazzi, lungo il fiume Po.

Gabriele Rossetti

L’utopia come tema centrale della Biennale Democrazia di Torino

Biennale Democrazia“Utopico. Possibile?”. Il titolo rivela già molto di quello che sarà il filo conduttore della terza edizione della Biennale Democrazia. Un tema centrale e molto attuale che ruota attorno al concetto di utopia. «L’utopia come dimensione per immaginare il nostro futuro che è qualcosa di non scontato, qualcosa che va costruito partendo da un’idea e noi con questo programma cerchiamo di mettere insieme tante idee dalle quali partire». Parole di Gustavo Zagrebelsky, presidente della Biennale che anche quest’anno si terrà a Torino, dal 10 al 14 aprile.

Spetterà al nuovo presidente della Camera Laura Boldrini l’onore di inaugurare la terza edizione della manifestazione culturale che ha come compito prioritario la formazione e la diffusione di una cultura della democrazia traducibile in pratica democratica. Si tratta di un laboratorio pubblico permanente nel quale, durante tutta la durata della rassegna, verranno affrontati temi riguardanti il futuro della nostra società che toccano diversi argomenti: dalla politica alla filosofia, dall’arte alla scienza, dalla letteratura alle nuove tecnologie. Esponenti del mondo della politica, della cultura, dell’arte e dello spettacolo ma anche i giovani delle scuole interverranno attraverso lezioni, dibattiti, letture, incontri e seminari di approfondimento rivolgendosi a chiunque voglia partecipare.

L’appuntamento con la Biennale Democrazia è solamente il culmine di un lavoro di preparazione che viene effettuato principalmente nelle scuole attraverso laboratori, workshop di discussione e iniziative destinate ai giovani. Il programma dell’edizione 2013 prevede nella prima serata un omaggio a Giorgio Gaber nel decennale della sua scomparsa e via via numerosi eventi (105, tutti ad ingresso libero) sparsi per la città. Il fulcro della rassegna ruoterà come sempre attorno a Teatro Carignano e all’omonima piazza che lo ospita, dove verrà installato un maxischermo che consentirà di assistere quotidianamente ad alcune delle lezioni più interessanti. Non mancheranno inoltre rassegne cinematografiche, concerti, animazione, spettacoli teatrali e performance.

Gabriele Rossetti

Torino capitale delle innovazioni: prima per numero di startup

startupTrovare un lavoro è diventato sempre più difficile – per non dire impossibile – ma anche la maggior parte di quelli che un’occupazione ce l’hanno, negli ultimi tempi non possono ritenersi tranquilli per colpa di una situazione divenuta sempre più precaria. Nasce soprattutto da qui l’idea di provare a lanciare sul mercato delle startupovvero l’avvio di imprese innovative che ruotano attorno ad un progetto interessante che sia in grado di sfruttare la potenza della tecnologia investendo prevalentemente in ricerca e sviluppo. Un nuovo modello di fare business che sta prendendo sempre più piede in Italia diffondendosi principalmente tra i giovani, rassegnati o del tutto scoraggiati dalla vana ricerca di un posto fisso e decisi a “mettersi in proprio” per provare a farcela da soli. Alla base di tutto, del provare a diventare imprenditori di se stessi, deve esserci un progetto pensato e curato in maniera egregia che sappia attirare gli investitori attraverso i quali semplici idee innovative possano trasformarsi in aziende ad alto valore tecnologico.

I dati diffusi dal registro imprese delle Camere di commercio sulle startup in Italia segnalano la presenza di 307 società innovative, costituite soprattutto nelle città del Nord. La palma di città più “innovativa” del nostro Paese va a Torino, seguita da Padova, Trento, Milano e Roma. Numeri che mettono in risalto – come spiega Il Sole 24 Ore – un evidente «gap di democrazia imprenditoriale all’avvio della rivoluzione industriale 2.0» tra le regioni del Nord e quelle del Sud Italia.

E se Torino guida la classifica italiana non è certo un caso che proprio il capoluogo piemontese lo scorso weekend abbia ospitato (per il terzo anno consecutivo) l’edizione italiana di Startup Weekend, evento dedicato allo sviluppo tecnico e di business di applicazioni digitali che si svolge contemporaneamente in oltre 100 Stati del mondo. Il concorso si è svolto presso le aule di I3P, l’incubatore d’impresa del Politecnico di Torino: un tour de force durato 54 ore che ha visto la partecipazione di giovani imprenditori i quali hanno presentato i loro progetti a una platea di (possibili) finanziatori.

Dal momento della loro approvazione e successiva commercializzazione sul mercato le nuove startup vengono iscritte nel registro dedicato alle imprese innovative del Decreto Crescita 2.0 che prevede sgravi e agevolazioni fiscali. Decisamente una buona base di partenza e una spinta in più verso una forma di imprenditorialità tutta nuova, riservata alla creatività.

Gabriele Rossetti

Movie on the Road, la mappa del cinema con i film girati a Torino

movie on the roadPiazza CLN in “Profondo rosso” di Dario Argento, la Gran Madre nel film di Michael Caine “An Italian Job”, la Galleria Umberto Primo scelta da Gianni Amelio in “Così ridevano” e ancora il mercato del Balôn e Borgo Dora in “La donna della domenica di Luigi Comencini. Sono solo alcune delle locations che hanno fatto conoscere al grande pubblico i luoghi più belli di Torino attraverso il cinema. Il legame tra il capoluogo sabaudo e la settima arte è sempre stato solido ma per coinvolgere maggiormente turisti e semplici cittadini alla scoperta delle bellezze di Torino immortalate dai registi sul grande schermo, l’Associazione Museo Nazionale del Cinema ha ideato il progetto “Movie on the Road – 24 location cinematografiche in giro per Torino“.

Grazie al contributo di Regione Piemonte e Fondazione CRT, con il patrocinio del Comune e la collaborazione del Museo Nazionale del Cinema e di Film Commission Torino Piemonte, il progetto consiste nella realizzazione di due mappe: una cartacea, disponibile presso il Museo del cinema e nei punti informativi della città, l’altra digitale scaricabile dal sito movieontheroad.com. Sulle cartine sono stati segnalati 24 luoghi di Torino che hanno ospitato altrettanti set cinematografici. In realtà i film girati sotto la Mole sarebbero molti di più ma la decisione è stata circoscritta a 24, che non a caso rimanda alla frequenza dei fotogrammi al secondo che compongono un’immagine cinematografica. Ciascuna location è stata selezionata con cura e criterio, associata ad un film e accompagnata da una breve scheda biofilmografica – correlata di foto – del lungometraggio e dell’attore principale dello stesso.

Le varie locations sono state suddivise e raggruppate in un percorso guidato che accompagna gli appassionati e i più curiosi attraverso le strade della città. Quattro itinerari che vanno dal centro alla collina e dalla zona ovest del centro al quartiere di Porta Palazzo attraverso i quali è anche possibile osservare il cambiamento di Torino nel corso degli anni. Sulle cartine sono inoltre presenti le schede e i riferimenti logistici di sei luoghi simbolo del cinema a Torino come la Mole Antonelliana (sede del Museo Nazionale del Cinema), Palazzo Chiablese (prima sede del museo), l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, il Cinema Romano (primo cinema d’essai italiano), il Cineporto (sede della Film Commission) e gli studi Fert (storico stabilimento cinematografico di inizio novecento e ora sede del “Virtual Reality & Multimedia Park” e dei “Lumiq Studios”).

Il progetto è stato studiato e pensato come una sorta di cineturismo atto a promuovere il ricco patrimonio cinematografico di Torino. Negli Stati Uniti così come a Londra o Berlino il turismo cinematografico è molto diffuso e riscuote successo non soltanto in termini culturali ma anche economici. È quanto si augura di raggiungere anche Torino, città sempre più a misura di turista che da oggi offre un’opportunità in più anche ai cinefili.

Gabriele Rossetti

Retrospettiva su Robert Capa in mostra a Palazzo Reale di Torino

BOB194404CW000X1/ICP154In occasione del centenario della nascita di Robert Capa, pseudonimo di Endre Erno Friedmann, la città di Torino celebra uno dei maestri della fotografia dedicandogli una retrospettiva. La mostra, patrocinata dal Comune e organizzata dalla casa editrice d’arte Silvana Editoriale in collaborazione con Magnum Photos (celebre agenzia fotografica di cui Capa fu uno dei soci fondatori nel 1947), verrà allestita nelle suggestive sale di Palazzo Reale. Dal 15 marzo e fino al 14 luglio 2013 sarà possibile ammirare novantasette fotografie raggruppate in undici sezioni e allineate lungo due corridoi al primo piano del Palazzo.

«La migliore mostra di Robert Capa che io abbia mai visto» secondo John Morris, primo direttore della Magnum Photos e grande amico di Capa. Le immagini esposte a Palazzo Reale, molte delle quali divenute vere e proprie icone del Novecento, testimoniano il percorso umano e artistico del celebre fotografo ungherese, definito dalla rivista Picture Post (nel 1938) come “il migliore fotoreporter di guerra nel mondo”. E proprio le foto dei conflitti bellici ai quali prese parte Capa – indimenticabili quelle della guerra civile spagnola e dello sbarco in  Normandia il 6 giugno 1944 – costituiscono la parte centrale dell’esposizione, anche se non mancano scatti più semplici di vita quotidiana e i ritratti di personaggi illustri quali Picasso ed Hemingway. Grazie ad un coraggio fuori dal comune ed un talento innato, con i suoi reportage fotografici Capa ha saputo fissare testimonianze dirette e trasmettere tutta la sensibilità di un uomo che, da rifugiato politico, si è spesso trovato costretto a lottare contro il dolore e la sofferenza.

Robert Capa fu tra i primi a capire l’importanza del mezzo fotografico, una sorta di “terzo occhio rivelatore” da utilizzare principalmente come arma di denuncia. Un amore viscerale per la fotografia tanto da costargli la vita nel corso della prima guerra d’Indocina (1954), quando venne ucciso da una mina antiuomo mentre si trovava al seguito delle truppe francesi.

Gabriele Rossetti

Museo Nazionale del Cinema, nuova area espositiva dedicata al 3D

Nella splendida cornice della Mole Antonelliana di Torino in cui ha sede il Museo Nazionale del Cinema è stata presentata una novità che dimostra come il museo costituito per omaggiare la settima arte sia costantemente al passo con i tempi. Il progetto riguarda alcune innovazioni negli allestimenti e nei contenuti che vanno ad arricchire e rinnovare l’Aula del Tempio, cuore pulsante della struttura museale, grazie alla realizzazione di una Cappella interamente dedicata alla tecnologia 3D.

Il progetto, finanziato dalla Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino per un costo complessivo di centomila euro, ha lo scopo di fornire ai visitatori del museo la storia delle tecnologie di proiezione tridimensionale, entrate ormai nell’uso comune delle tecniche cinematografiche. Il nuovo allestimento è stato realizzato nell’attuale cappella dedicata agli effetti speciali – denominata Big Bang – le cui pareti sono state rivestite di pannelli fotografici in 3D. Grazie all’installazione di un monitor autostereoscopico e software altamente innovativi, il visitatore avrà dunque la sensazione di trovarsi all’interno di un vero e proprio ambiente tridimensionale.

Il nuovo spazio espositivo verrà inaugurato giovedì 14 marzo e sarà successivamente aperto al pubblico che avrà la possibilità di ripercorrere le tappe più significative della storia delle tecnologie 3D attraverso la visione di un filmato – montato ovviamente in tre dimensioni – della durata di 10 minuti. Al contrario di quanto si possa pensare il 3D ha origini molto lontane che risalgono agli albori della storia del cinema e ai fratelli Lumière, veri pionieri del settore. Furono proprio i due imprenditori francesi a sperimentare le prime riprese tridimensionali negli anni ’50, facendo da precursori a ciò che grazie all’avvento del digitale avrebbe raggiunto livelli di perfezione tecnologica sempre più avanzati ma non per questo non ancora migliorabili.

Gabriele Rossetti

Svolta alla Società Cerea di Torino, iscrizioni aperte anche alle donne

[Fonte: canottiericerea.it]«Alla Cerea non potranno più remare contro le donne». Centocinquanta anni dopo la sua fondazione la Reale Società Canottieri Cerea di Torino, una tra le più antiche società di canottaggio italiane, elimina un veto fino ad oggi intoccabile che consentiva l’iscrizione al circolo ai soli uomini. Una norma considerata desueta e misogina nei confronti delle donne alle quali non era permessa alcuna affiliazione.

La svolta epocale è stata possibile solamente grazie all’interessamento del Comune di Torino che ha lanciato un aut aut ai vertici della società, intimandogli di modificare lo statuto al fine di evitare di perdere la concessione per l’affitto dei locali che ospitano il circolo, di proprietà comunale. Quello di Palazzo Civico potrebbe sembrare un ricatto a tutti gli effetti anche se la realtà è un’altra, ovvero costringere la società ad abolire quella che veniva considerata a tutti gli effetti una sorta di discriminazione.

La paura di dover rinunciare alla concessione dell’affitto dei locali per colpa di una norma mai modificata ha convinto i vertici della Società Cerea a rivedere il regolamento, aprendo di fatto le proprie porte anche alle donne. Quest’ultime – va detto – potevano già frequentare il circolo dei canottieri ed allenarsi ma non effettuare la propria iscrizione. «Mai avuto nulla contro le donne», ha affermato al quotidiano La Stampa il presidente della società Renato Valpreda , che ora dovrà adoperarsi per attrezzare il proprio circolo alle nuove ospiti. Primo passo, la realizzazione di spogliatoi dedicati.

Gabriele Rossetti