Alla fine si è scelto di non scegliere. Si è concluso con un nulla di fatto il processo che vedeva contrapposti gli ex membri dei Velvet Underground e la Andy Warhol Foundation. Non è stata emessa alcuna sentenza dal momento che le parti hanno raggiunto un accordo di massima. Oggetto della causa, la famosissima banana disegnata dall’artista e regalata al gruppo che nel 1967 la utilizzò per la copertina dell’album di esordio: The Velvet Underground & Nico. Una delle copertine più famose della storia del rock, resa celebre proprio grazie all’inconfondibile tratto del re della Pop Art.
La causa nei confronti della Fondazione intitolata ad Andy Warhol ha inizio nel gennaio 2012 ed è intentata da Lou Reed e John Cale, storici membri della band i quali contestano all’ente – che si occupa di gestire e proteggere i lavori dell’artista – la commercializzazione dell’opera, riprodotta per la realizzazione di cover per iPhone e iPad. Nonostante il disegno di Warhol non sia protetto da copyright i due fondatori dei Velvet Underground chiedono la sospensione della diffusione e depositano una richiesta di ingiunzione presso la Corte Federale di Manhattan. Secondo Reed e Cale la banana è sinonimo di Velvet Underground e pertanto non può essere (ri)utilizzata nemmeno dalla fondazione che porta il nome dell’artista, scomparso nel 1987.
Il contenzioso tra le due parti si protrae a lungo in tribunale. La Fondazione esclude con fermezza l’accusa di violazione del copyright ritenendola inoltre infondata perché – oltretutto – la band non è più in attività da quarant’anni. Anche il giudice sembra in un primo momento accogliere questa linea difensiva fino al colpo di scena che coincide con la chiusura del caso risalente a pochi giorni fa, che vede le due parti mettersi d’accordo mediante un documento definito “confidenziale” (e chissà quanto denaro in ballo…), risparmiando così alla Corte Federale di New York la fatica di pronunciarsi per l’una o per l’altra.
Gabriele Rossetti
“Perché la band non è più attiva da quarant’anni” mi ha fatta morire. Cosa non si inventano per tirare su un po’ di soldi!
Eh eh! In effetti però non hanno tutti i torti…
Avevo letto sul quotidiano qualche Giorno fa di questo contenzioso. L’immagine di Warhol è divenuta un’icona fondamentale di quel l’arte pop che negli anni Sessanta ha contaminato ogni gesto quotidiano! È triste che ad ogni cosa si attribuisca un valore meramente economico, dopotutto chi non conosce la famosa copertina dei Velvet? È che i fronte ad un’interazione di tipo economico, non c’è più alcun valore che tenga!
È davvero triste che tutto debba ridursi solamente ad un mero valore economico, ma trovo altrettanto assurdo che una fondazione intitolata ad una grande artista debba porsi il problema se utilizzare o meno le opere dello stesso.
Purtroppo è la legge del Mercato che ha coinvolto ampiamente il mondo dell’arte negli ultimi 30/40 anni, a partire dal boom degli anni Ottanta. Calcola che queste Fondazioni vivono perlopiù di diritti d’autore e dell’utilizzo delle immagini nel mondo, e quelle di Warhol sono inflazionatissime! È che poi alla fine si disperde il valore stesso dell’arte in favore del denaro. È questo sicuramente il dato più triste. Quel disegno, che divenuto un simbolo riconoscibile è oggi moneta sonante.
Già, forse la cosa più triste di tutta la vicenda è davvero questa. E il fatto che le due parti abbiano (per forza di cose) trovato un accordo la dice lunga sulla regolamentazione del Mercato.
Già, è interessante quello che dice Thompson (nel libro “Lo squalo da 12 milioni di dollari”) sulla Wharol Foundation e su come gestisce avidamente il mercato dei Warhol, credo che l’autore adombri il dubbio che la sovrapproduzione di Warhol negli ultimi anni porterà a una svalutazione delle opere. Fino a quando la gente lo compra perché piace, va bene, ma non è detto che possa rivenderlo alle stesse cifre, anche se non sono esorbitanti.
Non ho letto il libro di Thompson ma credo sia molto probabile che tutta questa sovrapposizione porti, inevitabilmente, ad una svalutazione delle opere.
In realtà, nel caso di Warhol, non credo ci sarà mai svalutazione (ho letto il libro citato da ilcolorelilla, ed ho letto molto sulla Fondazione); molte di quelle opere che hanno una tiratura (anche) inconcepibile per aver raggiunto tutto quel valore, nel corso degli ultimi 30/40 anni hanno assunto un surplus aggiunto, poiché addirittura quelle stesse opere sono appartenute a “tal dei tali” acquisendo ancora più ruolo sul mercato. Una Marylin appartenuta a Hug Grant, ha aggiunto al prezzo il 30%!! Non solo, nonostante l’ingombrante massa delle opere uscite dalla Fondazione, ancora nei giorni scorsi è stato immesso un altro blocco di opere di varia entità, dal disegnino a matita formato A4, partito da una base d0asta di 40mila euro alle successive e più grandi opere. Il mercato è impazzito, ma alcuni nomi hanno raggiunto ormai la solidità dell’oro e difficilmente abbandoneranno il mercato con un tonfo!
Non essendo esperto quanto te mi fido di ciò che dici, Lois. E concordo con te sul fatto che il mercato sia impazzito!